Ogni etnia ha un proprio odore dovuto alle diverse condizioni ambientali e culturali del luogo in cui vive. Le diverse popolazioni non differiscono nel numero o nella conformazione delle ghiandole sudoripare, da cui deriva l’odore del corpo, ma nella quantità del sudore: per esempio nei climi caldi servono secrezioni più abbondanti per raffreddare la temperatura corporea e proteggere la pelle dai raggi solari.
Infine, con il sudore si eliminano sostanze di scarto dell’organismo, perciò le sue caratteristiche dipendono anche da ciò che viene introdotto nel corpo con l’alimentazione. Non in tutte le culture l’odore del corpo è considerato sgradevole e viene coperto con profumi.
Se davvero è possibile intravedere una sorta di antropologia connessa agli odori, diventa significativo analizzare non solo il nesso fra odore e identità, ma anche il legame fra odore e alterità. In effetti, in molte culture le forme di umanità 'altre' (rispetto al proprio gruppo e alla propria etnia) vengono definite a partire da uno specifico odore. Le stesse sei categorie ndut sono utilizzate per definire i gruppi vicini: odorano sun, al pari dell'urina, gli europei, i peul e i mauri (questi ultimi in quanto una leggenda li vuole discendenti dei cani, considerati sun). Odorano hes i diola e i manjak della Casamance, mentre nell'unica categoria di odori gradevoli (hen) vengono inclusi i bambara e, su un livello inferiore, gli stessi ndut. A seconda dell'appartenenza etnica e culturale, il corpo umano emana specifici odori. Malgrado ciò sia parzialmente spiegabile attraverso le differenze dei regimi alimentari e alcuni fattori genetici, l'attribuzione di un odore a un gruppo umano possiede una forte valenza ideologica. Succede spesso che il proprio odore risulti gradevole, mentre quelli degli altri sgradevoli e, come nel caso degli ndut, connessi agli strati inferiori del mondo vivente (gli animali). In alcuni contesti la distinzione operata non è fra differenti sensazioni olfattive, ma fra l'asetticità e l'odore, in considerazione del fatto che si percepiscono maggiormente gli odori degli altri che non i propri. I primi esploratori europei attribuirono un odore puzzolente ai neri dell'Africa, di contro i bianchi risultano maleodoranti ai membri di altre culture.
Nell'Europa medievale, alcuni sostenevano che gli ebrei emanassero un forte fetore e che l'unico rimedio per eliminarlo fosse diventare cristiano per mezzo del battesimo, oppure ingerire il sangue di un bambino cristiano (Classen 1992). Evidentemente l'odore diventa in alcuni casi una potente metafora per le distinzioni sociali, e risulta chiaro che non solo si disprezza qualcuno perché si prova ribrezzo per il suo odore, ma molte volte si attribuisce un odore sgradevole a chi si odia o si considera inferiore. Nella foresta del Congo, il senso di superiorità dei coltivatori lese nei confronti dei pigmei efe si esprime anche con valutazioni sull'odore di questi ultimi. I pigmei vivono di caccia e raccolta e per fare ciò si spostano in continuazione all'interno della grande foresta costruendo accampamenti temporanei, rappresentati dai lese come un insieme di sporcizia, odori ripugnanti e malattie. I bambini lese hanno il terrore di penetrare in un accampamento efe abbandonato; essi sostengono che le capanne hanno l'odore della foresta e degli efe. L'odore dei pigmei - dicono i lese - "rende lo stomaco triste" e l'odore corporale degli efe è indicato come la ragione principale per cui una donna lese non accetterebbe mai di avere rapporti sessuali con un uomo efe.
Un esempio particolarmente interessante di simbolismo olfattivo correlato con l'identità di gruppo è rintracciabile nella cultura dei gruppi tucano, insediati nella foresta amazzonica colombiana e studiati dall'antropologo G. Reichel-Dolmatoff. I tucano sostengono che tutti i componenti di una stessa tribù possiedono un odore corporeo specifico per mezzo del quale segnano il territorio del gruppo, analogamente a ciò che fanno gli animali. Questo odore territoriale dipende dai differenti cibi consumati nelle varie tribù: i desana (cacciatori) odorano di carne; i pira-tupuya, dediti alla pesca, odorano di pesce; i tucano (coltivatori) odorano di radici (Classen 1992). Gli odori, oltre a marcare i confini fra i territori occupati dai vari gruppi etnici, segnano anche i confini sociali interni a un villaggio. Fra i suya dell'Amazzonia brasiliana ogni individuo appartiene, a seconda dell'età e del sesso, a una specifica categoria olfattiva: ai maschi adulti che vivono nella casa degli uomini nel centro del villaggio è attribuito un odore dolce e gradevole, agli anziani, indipendentemente dal sesso, viene attribuito un odore pungente, ai ragazzi e alle ragazze un odore forte, alle donne un odore molto forte.
Questa classificazione traduce in termini olfattivi lo status sociale, e ciò è confermato dai significati che vengono attribuiti al rito di iniziazione alla vita adulta, durante il quale - dicono i suya - i ragazzi perdono l'odore forte e acquistano quello dolce e gradevole. Lo stretto rapporto fra status sociale e odore pareva evidente anche nel mondo occidentale alla fine del 19° secolo, quando la distinzione era fra una classe agiata pulita, inodore e amante di delicate fragranze, contrapposta alla classe lavoratrice, sporca, puzzolente e solita usare profumi volgari e forti. Malgrado le difficili condizioni di vita del proletariato giustificassero una sommaria pulizia del corpo, gli aristocratici di allora ritenevano che le classi elevate avessero maggiore sensibilità e delicatezza nell'apprezzare raffinate fragranze (Classen 1992). Gli odori, utilizzati come si è visto per compiere classificazioni e distinzioni fra gli uomini, possiedono un valore olfattivo determinato anche da considerazioni di ordine culturale. Un odore può essere gradevole per alcuni e sgradevole per altri in base a determinate scelte culturali. Fra i dassanetch, una società dell'Etiopia divisa in pastori e pescatori, tutto ciò che è connesso al bestiame acquista una valenza positiva, in quanto i pastori sono considerati superiori ai pescatori. Coloro che praticano l'allevamento evidenziano questa superiorità 'ostentando' gli odori dei loro animali. L'odore del bestiame è un segno di identità e di superiorità all'interno del gruppo etnico al punto che i pastori spesso si lavano le mani con l'urina degli animali e si imbrattano il corpo con il letame. Per i pastori dassanetch l'odore del bestiame è buono, di contro, i pescatori emanano un cattivo odore, che può addirittura infettare gli armenti. La tendenza olfattiva di un gruppo può inoltre cambiare nel tempo a causa di mutamenti comportamentali e ambientali. Per es., A. Corbin (1982), nel suo contributo relativo al 18° e al 19° secolo, ha fatto notare come, con il miglioramento dell'igiene urbana, la tendenza olfattiva dei parigini sia mutata nel volgere di un breve arco di tempo portandoli ad apprezzare l'inodoro e le fragranze delicate.
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