sabato 23 aprile 2016

COLORITO GIALLO



Il colore giallo della pelle è sempre sintomo di gravi disturbi del fegato e alla cistifellea, le sue cause possono essere molteplici. La pigmentazione gialla viene provocata dalla bile e dalle altre secrezioni epatiche.L’itterizia, il tifo e l’epatite A sono l’esempio più noti di un forte disturbo epatico che colora di giallo la nostra pelle.

La colorazione gialla della pelle è la tipica espressione dell'itterizia, a sua volta spia di un malfunzionamento a livello epatico. La tonalità giallastra, in tal caso estesa anche alle sclere oculari (il bianco dell'occhio), è la tipica conseguenza di un accumulo di bilirubina, una sostanza derivante dal catabolismo dei globuli rossi invecchiati; in condizioni normali, questo pigmento giallo-arancione viene processato dal fegato, per essere poi in parte eliminato con le urine e in parte con le feci. Quando - a causa di un malfunzionamento epatico - la bilirubina circolante nel sangue supera i 2-2,5 mg per 100 ml (iperbilirubinemia), gli occhi e la cute si tingono di giallo.
Tra le cause più comuni di itterizia, quindi di pelle gialla, si ricorda la malattia ereditaria di Gilbert, che interessa circa il 5-10% della popolazione di razza caucasica. Generalmente, tale malattia decorre in maniera del tutto asintomatica e la pelle gialla può comparire in maniera più o meno evidente a causa di fattori aggravanti, come stress severo, infezioni, digiuno prolungato, assunzione di determinati farmaci (come il paracetamolo) e sforzi fisici intensi.
La pelle gialla di origine itterica può essere conseguenza di altre malattie epatiche, più gravi rispetto alla precedente - come cirrosi, tumori del fegato, epatiti, epatopatie alcoliche, atresia biliare, fegato grasso - od extraepatiche, come pancreatiti, tumori del pancreas, ostruzione biliare, anemia falciforme (anemia drepanocitica), talassemia, mononucleosi infettiva e febbre gialla (malattia tropicale trasmessa attraverso le punture delle zanzare).
Tra i sintomi delle malattie epatiche collegate ad itterizia, quindi associate alla presenza di pelle gialla, si ricordano: perdita di appetito; stanchezza, malessere e importante perdita di peso; colorazione scura delle urine o chiara delle feci; nausea, vomito, diarrea, vene varicose, ipoglicemia, febbricola, dolori muscolari e perdita del desiderio sessuale; dolore al fegato.
Per identificare la causa possono essere utili gli esami di laboratorio e in molti casi anche le tecniche di imaging.
Spesso l’ittero guarisce una volta che la causa si è risolta, ma in alcuni casi possono essere necessari anche l’intervento chirurgico o l’endoscopia.
I globuli rossi vecchi o danneggiati sono costantemente tolti dalla circolazione, soprattutto grazie alla milza; durante questo processo l’emoglobina (la parte del globulo che trasporta l’ossigeno) viene trasformata in una sostanza di rifiuto, cioè in un pigmento di colore verdastro, detto bilirubina. La bilirubina, poi, viene trasportata dal sangue verso il fegato e infine è espulsa nell’intestino insieme al resto della bile (il fluido digestivo prodotto dal fegato). Se la bilirubina non viene espulsa nella bile abbastanza velocemente, si accumula nel sangue per poi depositarsi nella pelle, provocando la colorazione giallastra, cioè l’ittero.
L’eccesso di bilirubina nel sangue può essere provocato da problemi di origine epatica (fegato), oppure di origine extraepatica.

Le lesioni al fegato, ad esempio quelle dovute all’infiammazione o alla fibrosi, possono causare problemi alla fase di espulsione della bilirubina nella bile; in alternativa ci può essere un’ostruzione dei dotti biliari (i tubicini che trasportano la bile dal fegato verso l’intestino tenue) causata ad esempio da un calcolo o da un tumore. In casi rari l’eccesso di bile, dovuto alla distruzione eccessiva dei globuli rossi, può sovraccaricare il fegato che non riesce più a gestirlo: la sovrapproduzione di bile è frequente soprattutto nei neonati colpiti dall’ittero.

Nella sindrome di Gilbert i livelli di bilirubina sono leggermente più alti del normale, ma di solito non abbastanza da causare l’ittero; questo disturbo, che in alcuni casi è ereditario, viene diagnosticato soprattutto tra i giovani, durante gli esami di routine. Non provoca né sintomi né problemi visibili.
Quando la pelle si presenta di un colore giallo tendente all'arancione potrebbe trattarsi di ipercarotenosi (carotenodermia, carotenemia), condizione dovuta all'accumulo di carotenoidi. Questi pigmenti giallo-arancioni sono generosamente custoditi in numerosi alimenti vegetali: carote, broccoli, spinaci, cantalupo, mango, papaia, patata dolce, zucca ecc., per cui un consumo elevato di questi alimenti o di integratori di pro-vitamina A può associarsi a pelle gialla. Anche un'eccesso di zafferano - tramite alimenti e/o integratori - può essere causa di pelle gialla.


In caso di carotenosi il colore giallo-arancione interessa principalmente il palmo delle mani e la pianta dei piedi; anche il viso può essere interessato, ma - a differenza dell'ittero - vengono risparmiate le sclere oculari. Un basso peso corporeo, anche se non ancora patologico, associato alla colorazione giallo-arancio del palmo delle mani e della pianta dei piedi, può essere uno dei pochi sintomi fisici associati all'anoressia nervosa negli stadi precoci. Questo sintomo potrebbe infatti derivare dall'abitudine di mangiare quasi esclusivamente vegetali, molti dei quali ricchi di carotenoidi, che si accumulano nella cute.

La carenza di ormoni tiroidei compromette la capacità dell'organismo di convertire il beta-carotene in vitamina A; di conseguenza l'accumulo di caroteni in circolo concorre alla colorazione giallastra della pelle. Per quanto detto, a parità di beta-carotene assunto tramite dieta ed integratori, i soggetti ipotiroidei corrono un maggior rischio di sviluppare carotemia. Tra i sintomi tipici dell'ipotiroidismo ricordiamo la stanchezza, la sensazione di freddo, la bradicardia, i dolori muscolo-scheletrici e l'aumento di peso.






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giovedì 21 aprile 2016

LE UNGHIE FRAGILI



Le unghie, così come gli occhi o i capelli, hanno un proprio linguaggio per esprimersi e per farci capire se e quando qualcosa non va. Come gli occhi possono arrossarsi per stanchezza e i capelli possono cadere a causa dello stress, allo stesso modo le unghie che si sfaldano possono nascondere qualche disagio o patologia.

Le cause delle unghie fragili che si sfaldano non hanno un unico motivo. Spesso le ragioni non si conoscono in profondità e c’è una serie di concause che contribuiscono a rendere più grave il problema. Ci possono essere delle allergie o delle micosi, le quali, unendosi a problemi di carattere nutrizionale, rendono le unghie rigate, gialle e facilmente portate alla distruzione.
Anche l’invecchiamento può essere una causa comune di fragilità, specialmente se si aggiungono dei fattori ambientali, come la disidratazione. Lo sfaldamento degli strati superficiali è chiamato in medicina onicoschizia lamellina, una vera e propria frammentazione, che può essere anche la conseguenza di traumi, di contatto con sostanze chimiche a ph basso o alto, oppure possono subentrare delle microfratture.
Da tenere in considerazione anche l’uso di smalto e di prodotti di qualità scadente, che può peggiorare la salute delle unghie, rendendole più secche e fragili. Fumo e onicofagia spesso non fanno altro che far peggiorare la situazione.

Le unghie fragili sono caratterizzate da alterazioni di struttura e forma, che le rendono prive di elasticità e predisposte alla rottura. Si riscontrano come parte della sintomatologia di carenze nutrizionali, affezioni dermatologiche, traumi e patologie sistemiche.
La fragilità si può presentare con striature e fissurazioni verticali (onicoressi) oppure con sfaldamento progressivo degli strati più superficiali (onicoschizia lamellina). In quest'ultimo caso, la lamina appare friabile e va incontro ad una vera e propria frammentazione a partire dal margine libero dell'unghia, che assume un aspetto dentellato. Onicoressi e onicoschizia sono comuni nel sesso femminile e negli anziani; possono rappresentare la conseguenza di ripetuti micro-traumatismi, disturbi dermatologici e contatto con sostanze chimiche a pH molto acido o alcalino per motivi professionali (es. chimici, personale sanitario, fotografi e pittori). La fragilità può essere transitoria (per effetto dell'azione di fattori esterni o temporanei) oppure persistente.
Spesso, all'origine della fragilità delle unghie vi sono stati carenziali, errate abitudini alimentari o diete drastiche che provocano un deperimento generale dell'organismo. Questo sintomo si osserva, in particolare, in caso di carenze di vitamine (A, E, C e B6) e minerali (ferro, zinco, selenio, rame, fosforo e calcio).
Oltre ai problemi di carattere nutrizionale, le unghie fragili possono dipendere da malattie dermatologiche, quali psoriasi, alopecia areata e lichen planus. Inoltre, la friabilità può essere conseguenza dell'invasione della lamina ungueale da parte di funghi patogeni, in caso di onicomicosi.
Alterazioni e fragilità ungueali possono verificarsi anche in corso di anemia, allergie, disturbi della tiroide, vasculopatie (che alterano la vascolarizzazione della matrice), disturbi dell'alimentazione (anoressia nervosa e bulimia) e trattamenti farmacologici particolarmente debilitanti.
Anche l'invecchiamento è una causa comune di fragilità, specialmente se si aggiungono dei fattori ambientali che favoriscono la disidratazione a livello ungueale. Il contatto prolungato con l'acqua e l'uso ripetuto di solventi, saponi e detersivi impoveriscono, in particolare, il film idrolipidico della pelle delle mani e la cheratina delle unghie, rendendole più secche e predisposte a spezzarsi. Fumo ed onicofagia spesso peggiorano la situazione.
Infine, le unghie fragili possono dipendere da una manicure eccessivamente frequente ed aggressiva.

I rimedi per le unghie fragili che si sfaldano consistono innanzi tutto in una soluzione molto importante, che riguarda l’alimentazione.
Bisogna consumare degli alimenti che contengono molibdeno e zinco. Il primo elemento lo troviamo soprattutto nel latte, nel formaggio, nei piselli, nei fagioli e nei cereali integrali.
Il secondo può essere fornito in maniera adeguata dal germe di grano, dal pesce, dalle ostriche, dal tuorlo d’uovo e dalla carne. Non dimentichiamo l’importanza del fegato e dei legumi freschi, apportatori di vitamina H, fondamentale per il metabolismo della cheratina.
Da non dimenticare alcuni rimedi naturali, come l’equiseto, che è ricco di silicio ed è utilizzato anche nell’osteoporosi.

Anche il succo di limone è un ottimo rinforzante che combatte, al tempo stesso, l’ingiallimento delle unghie: basta tagliare un frutto a metà e infilarci dentro le dita per qualche minuto, oppure spremerlo e mischiarlo all’olio extravergine o a quello di mandorle dolci per un impacco.



La prevenzione e l’attenzione costituiscono un passo fondamentale per proteggere le unghie. Ad esempio, quando si eseguono lavori domestici o in giardino, è sempre opportuno munirsi di guanti. E’ bene evitare il continuo contatto con l’acqua, per non favorire l’insorgere di micosi.
Inoltre ricordiamoci che anche il contatto eccessivo con detersivi e sostanze detergenti può rendere le unghie più soggette allo spezzarsi. Sarebbe meglio non tagliarle le unghie, ma limarle e andrebbe evitato di eliminare le pellicine con strumenti taglienti.
Per stimolare la crescita delle unghie, si possono usare degli oli specifici e per favorire l’irrorazione sanguigna non sono da trascurare i bagni caldo-freddi.



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mercoledì 20 aprile 2016

CHIRURGIA PLASTICA : SI O NO?



Una delle cose che oggi si riscontra maggiormente nelle persone è un certo “affanno” di sentirsi “up”, al top. Come se ci fossero delle pressioni anche interne, che non permettono di vivere comodi col proprio corpo.
Questo a volte genera una certa “ansia da prestazione estetica”, che si alterna a momenti in cui  invece ci si nega quella parte, si fa finta che il copro non esista oppure che non sia qualcosa di cui occuparsi.
O si rincorre la perfezione oppure l’immagine e l’apprezzamento proprio e altrui vengono messi in secondo piano, a volte proprio “chiusi in uno sgabuzzino”. A volte questi differenti approcci mentali si alternano in diverse fasi della vita.
Certo è che in entrami i casi si rischia di provare grande frustrazione, o per essersi posti obiettivi troppo distanti e quindi irraggiungibili) o per aver messo da parte l’interesse per il proprio aspetto, per fingere di non curarsi del proprio corpo, fino a giungere a una mortificazione, esterna ed interna.
La negazione non è mai una buona strada da percorrere, anche se al momento sembra la più rapida e la più facile. Certamente più complesso, ma alla lunga efficace e, direi, unico modo possibile di affrontare la questione…è appunto, affrontarla, con gli altri che ci stanno vicino e con se stessi in primis.
Osservarsi: “quando esco dalla doccia mi metto velocemente l’accappatoio e scappo in camera dove non ci sono specchi” “non so quanto peso…ho buttato la bilancia” “non mi trucco più…troppo tempo sprecato”
Forse, quando ci si ritrova a dire o pensare rasi di questo tipo, è giunto il momento di fermarsi e guardarsi un po' di più…per prendere confidenza col proprio corpo, così com’è o come si è trasformato negli anni. Il corpo a volte è vissuto come una gabbia ma non dimentichiamo che parla di noi, dice chi siamo.

Tutto ciò riguarda la motivazione al piacersi da un punto di vista fisico, puramente estetico: è interna o esterna? Ovvero, viene da se stessi ed è per se stessi, per il femminile (o maschile) tramandato a cui si appartiene, o per tirarsi su, come compensazione quando altro nella propria vita non gira, è “down”?
Oppure viene da fuori, cioè, ci si occupa del proprio aspetto solo per il partner o per uno potenziale da incontrare, per figli o per uno status sociale? Per mantenere una certa “posizione” nella società o nell’ambiente che frequento?
Occorre comprendere quali sono le spinte che ci muovono, anche in questo senso. Che cosa gratifica maggiormente e di cosa necessita realmente per stare bene.

E’ importante riuscire a mettere a fuoco quale valore attribuire all’aspetto, per poter poi muoversi liberamente, in un senso o nell’altro. Con la consapevolezza di scegliere qualcosa in modo congruente e legittimandosi, eventualmente anche il ritocco chirurgico.
Ecco perchè, prima di affrontare un intervento estetico sarebbe sempre opinabile fare chiarezza dentro se stessi rispetto ai motivi che portano alla scelta, per vivere il tutto in modo più sereno e libero, appunto, da paure e aspettative.
Passando obbligatoriamente da un’accettazione di sè, anche dei difetti fisici. Per potersi cambiare è necessario prima comprendersi e accettarsi così come si è.
La decisione in questo caso assume tutto un altro significato e gusto.



Altro fattore che si può definire importante contro la chirurgia estetica e' dato dagli eccessi: assistiamo a esempi di persone che vogliono assomigliare al Kent della Barbie, seni di 1500 cc. E, piu' in generale, desideri di forme in cui non vi e' la ricerca delle proporzioni.

E’ un tema cruciale, trasversale a tutte le fasce d’età, per motivi diversi: riguarda gli adolescenti alle prese con un corpo che si trasforma e diventa qualcosa di nuovo, gli adulti che cercano e non sempre trovano compromessi con le loro forme e fisionomia e poi l’età matura, con i segni del tempo che passa….
La questione ha che fare con tanti aspetti psicologici importanti, come il prendersi cura di sé, il guardarsi (non solo allo specchio), l’accettarsi. Insomma, non si può prescindere dal corpo e dall’aspetto che ciascuno possiede. Sicuramente si tratta di qualcosa che ha a che fare molto col fuori, gli altri, i canoni, la moda, le aspettative (piano sociale) ma ancor di più con se stessi/e e con i propri tabù (quindi un piano intimo, personale)

Non possiamo ignorare il crescente interesse accordato all’aspetto fisico ed all’equilibrio psichico, a quella che può essere definita come “presentabilità sociale”. La gratificazione psicologica ed il peso pubblico di un aspetto piacevole e di una personalità sana ed armonica risultano importantissimi: per avere successo, nelle relazioni, al lavoro, anche all’interno della famiglia talvolta.
Per vivere oggi bisogna sentirsi bene con sé stessi a qualsiasi età e la medicina è sempre più sollecitata da pazienti che chiedono di migliorare il proprio aspetto e l’armonia complessiva per una ricerca di sicurezza personale, a volte per necessità professionale ed una profonda esigenza psicologica.
La medicina estetica, che si occupa della correzione degli inestetismi del viso e del corpo, nasce proprio dall’intuizione che l’uomo è sano quando è in armonia con le differenti fasi della vita, con il proprio inserimento sociale ed ambientale.
Gli altri, come ci vedono, come ci pensano, come ci vogliono, hanno un ruolo chiave.
Non solo in termini di aspettative da assecondare, ma talvolta diventano quasi degli imperativi, inevitabili e imprescindibili. Richieste esterne che non si possono ignorare o deludere, perchè la posta in gioco sarebbe troppo alta. Occorre fermarsi e chiedersi, sempre, qual’è la propria.

L'importanza della chirurgia estetica è rilevante anche per altri problemi e deformazioni estetiche, che possono influire psicologicamente nei rapporti umani di un individuo; infatti, ad esempio un seno troppo grande o piccolo, un labbro leporino o il setto nasale deviato con relativo stato gibboso, possono spesso causare dei problemi emotivi al paziente, a tal punto che un piccolo "ritocco" migliora decisamente la vita, quindi in questo caso, vale la pena rivolgersi per un consulto, presso uno specialista. Tuttavia, c'è chi abusa di questa pratica e spesso ricorre al chirurgo estetico, per farsi un maquillage completo al corpo, che però a volte assume aspetti grotteschi, se si pensa che una persona anziana ritoccata, assume le sembianze di una trentenne/quarantenne, e ciò indubbiamente potrebbe provocare una reazione psicologia contraria, soprattutto quando subentrano le critiche negative di amici, parenti, ma anche di sconosciuti.

La chirurgia estetica può decisamente migliorare la vita, ma può anche distruggerla; infatti, nel mondo dello spettacolo e del gossip, sono evidenti e famosi i danni che un eccesso di botulino, collagene o qualsivoglia altra azione invasiva, hanno provocato in molti attori e attrici. La chirurgia estetica è pertanto una pratica curativa, e non esclusivamente un modo per diventare ad ogni costo, ciò che in realtà non siamo. È pertanto sensato, prima di prendere talvolta delle decisioni affrettate, mettersi nelle mani di chi è competente, quindi consultarsi con esperti e professionisti provvisti dei dovuti titoli di studio, e soprattutto capire se ne valga davvero la pena.

Gli interventi di chirurgia estetica possono risolvere in modo relativamente semplice dei complessi che tendono ad accumulare stress e tensione anche per anni incidendo sulla qualita' vita ed anche sulla vita di relazione delle persone. E' innegabile: tutto questo non ha prezzo.

Interventi come la liposcultura consentono di ridurre la quantita' di grasso corporeo migliorando non solo l'estetica delle persone ma anche il loro stile di vita.
Con la liposcultura il grasso e' eliminato senza prima passare dal fegato. Il Professor Veronesi ha dichiarato che molti fattori cancerogeni si accumulano nei tessuti grassi. L'eliminazione di questi tessuti senza passare dal fegato noi si reput un "pro "importante e possiamo chiaramente definire che una liposcultura può eliminare molecole cancerogene accumulate nei tessuti.

La rinoplastica oltre un indubbio impatto psicologico, migliora anche la respirazione. Un chirurgo professionale ed attento si prende sempre cura di tutti gli aspetti collegati alla respirazione ed al setto nasale.

Operarsi non per se stessi ma credendo di piacere più agli altri non piacendosi mai. Si tratta delle cosiddetta dismorfofobia che consiste nell'avere sempre e comunque una visione non corretta del proprio aspetto fisico.


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LA MASTOPESSI



Il rilassamento del seno comporta per la donna un pesante disagio psicologico che può essere risolto con l’intervento di mastopessi.

La mastopessi è il lifting del seno rilassato. Si tratta di una tecnica chirurgica (con alcune varianti) che rimuove la pelle in eccesso ripristinandone la forma.

La mastopessi è un intervento che può essere consigliato solo quando il seno a un grado di ptosi (rilassamento) moderato o severo. Quando è lieve l’ intervento non è consigliato oppure potrà essere consigliabile solo dopo un approfondimento esaustivo dei vantaggi e svantaggi che lo stesso comporta.

Essendo che questa tecnica chirurgia lascia cicatrici importanti, è evidente che la convenienza all’ intervento è netta quando il seno è molto cadente. Fare cicatrici in un seno poco cadente non è normalmente accettabile.

Il cedimento della pelle è un fenomeno di naturale invecchiamento della pelle che comunque viene accelerato / influenzato da fattori esterni come l’eccessiva esposizione al sole (rende la pelle meno elastica), cambiamenti repentini di volume dovuti a sbalzi di peso corporeo. Altri fattori che modificano l’estetica del seno sono la gravidanza, l’allattamento, Successivi eventi del genere potranno aumentare la velocità del naturale cedimento cutaneo.

La mastopessi additiva è una variante della mastopessi che prevede oltre al sollevamento del seno anche l’inserimento di una protesi mammaria. Viene consigliata questa particolare tecnica quando la paziente presenta una moderata o marcata ptosi del seno accompagnata da un ridotto tessuto ghiandolare / adiposo. La realizzazione della sola mastopessi – eliminando il tessuto in eccesso necessario per avvolgere il volume “originale” – comporterebbe la realizzazione di un seno sodo ma con un volume insufficiente.

Se la paziente usando un reggiseno dal volume desiderato verifica che il proprio seno non lo riempie o lo riempie difficoltosamente, allora è probabile che sia consigliabile la mastopessi additiva.

La ptosi può essere classificata in 3 gradi (lieve, moderata e severa). Il passaggio da un grado all’ altro è caratterizzato dall’allungamento della distanza tra capezzolo e clavicola. La pseudoptosi è invece caratterizzata del mantenimento normale di tale distanza ma di una perdita di sostanza del tessuto ghiandolare e adiposo del seno che conferisce al seno un’ aspetto cadente.

Il primo passo per la donna che desidera rimodellare il seno cadente è la visita medica con il chirurgo estetico. Quella è la sede nella quale si verificherà se sussistono le condizioni anatomiche e psicologiche per procedere con l’intervento. Per questo motivo è consigliabile prepararsi bene per la visita specialistica scrivendosi dubbi e domande da esporre al chirurgo.

Durante il consulto verrà descritta la tecnica d’intervento, il post operatorio, i rischi e complicanze e gli esiti cicatriziali. Verrà inoltre illustrato il risultato atteso anche attraverso la visione di foto prima e dopo. Ti dovrai esprimere in relazione alle tue personali aspettative.

Oltre a procedere con un’ accurata anamnesi medica dovrai sottoporti agli esami clinici preoperatori prescritti per valutare la compatibilità del tuo stato di salute con l’intervento chirurgico.
Nel caso in cui la forma del seno lo permetta, ti verranno illustrate procedure chirurgiche alternative come la mastoplastica additiva.

La prima fase dell’ intervento consiste nella convalida da parte dell’anestesista degli esami clinici e della compatibilità dello stato di salute con lo stesso. Successivamente il chirurgo estetico procede con il disegno della tecnica operatoria programmata con misurazioni precise sulla pelle.

L’ anestesia scelta per questa procedura è l’anestesia locale (infiltrazioni d’ anestetico sul seno) con una sedazione profonda. Quest’ ultima rende la paziente non vigile durante l’ atto chirurgico.



La procedura di chirurgia estetica del seno per sollevare la mammella cadente comporta l’asportazione della cute in eccesso secondo lo schema programmato con il conseguente spostamento dell’areola nella sede “naturale” e la sutura dei lembi.
Le cicatrici risultanti  sono posizionate nella piega sottomammaria (cicatrice orizzontale), tra questa e l’areola (cicatrice verticale) e attorno a quest’ultima (cicatrice rotonda).

Normalmente le cicatrici sono sottili e soddisfano le aspettative della paziente informata. Sono disponibili tecniche di micro chirurgia estetica che possono essere attuate dopo qualche mese per migliorare ulteriormente l’ esito cicatriziale.

Dopo la mastopessi, le cicatrici visibili sul seno ricordano la forma di un’àncora, oppure di una T rovesciata. Si trovano infatti intorno all’areola, scendono sotto l’areola e continuano lungo il solco sottomammario. La parte più evidente è quindi quella verticale, mentre le altre sono ottimamente camuffate dalla conformazione del seno. Questo aspetto va valutato nel contesto globale dell’aspetto del seno prima dell’intervento: spesso infatti, le soddisfazioni date dal rimodellamento sono tali da rendere perfettamente accettabili le cicatrici (che comunque sono sottili, piane e destinate a sbiadire nell’arco di alcuni mesi).

Sono da evitare movimenti con le braccia per almeno 7 giorni per permettere una cicatrizzazione senza trazione e quindi più lineare e sottile.

Il dolore dopo la mastopessi è lieve o inesistente. In alcuni casi può rendersi moderato e quindi l’assunzione di antidolorifici potrà essere prescritta.

La procedura chirurgica di mastopessi ha l’ obiettivo di tonificare e sollevare le mammelle, e di posizionare l’ areola nella sede “naturale”. Gli esiti cicatriziali sono di norma sottili e sbiadiscono progressivamente nel tempo.

Il risultato della mastopessi è permanente qualora non si verifichino ulteriori eventi tali da stressare la pelle nuovamente e produrre rilassamento cutaneo. Ovviamente l’invecchiamento del corpo e della pelle continuano ma nella nostra casistica non abbiamo mai verificato la necessità d’intervenire una seconda volta. Successivi aumenti di peso rilevanti e/o gravidanze possono comunque modificare la forma del seno.

La mastopessi ha uno schema di cicatrici abbastanza importante ed è per questo motivo che la decisione di sottoporsi alla mastopessi deve essere matura e serena. La paziente deve valutare vantaggi e svantaggi della mastopessi oltre che rischi e complicanze.

Dopo la mastopessi è normale che si verifichi una riduzione temporanea della sensibilità cutanea per qualche mese. In casi molto rari questo fatto può durare di più e addirittura diventare permanente.

La mastopessi sposta il complesso areola capezzolo. A seconda della specifica tecnica impiegata la capacità d’allattare potrà essere anche totalmente compromessa. Quando il seno è molto cadente il trapianto dell’areola sarà libero e quindi la paziente non potrà più allattare.

La paziente candidata alla mastopessi deve quindi essere consapevole della probabile interferenza con un futuro allattamento ed esprimere quindi un consenso maturo alla chirurgia,

Fortunatamente la maggioranza delle donne che si sottopongono all’ intervento di mastopessi, lo fanno proprio a seguito delle gravidanze e quindi la complicanza “difficoltà nell’ allattamento” non le riguarda.

 Siccome l’intervento di mastopessi interessa i tessuti superficiali e profondi del seno, è normale che nei giorni seguenti si verifichi un certo gonfiore, mentre il dolore si può tranquillamente sedare con gli antidolorifici prescritti al momento della dimissione. Dopo che i bendaggi e il reggiseno postchirurgico vengono rimossi, viene prescritto l’uso di un reggiseno contenitivo elastico, simile a quelli sportivi, fino a che il tessuto si normalizza. Nell’arco di una decina di giorni, vengono rimossi anche i punti di sutura (o le graffette).

Come in ogni tipo di intervento chirurgico, anche per la mastopessi esiste un certo margine di rischio, generalmente connesso ad episodi di reazione avversa all’anestesia o infezioni. Può verificarsi inoltre un eccessivo sanguinamento e la difficoltà a recuperare pienamente la sensibilità cutanea, così come le cicatrici possono risultare evidenti.

Una larga parte di queste complicanze è efficacemente prevenuta con le opportune indagini preoperatorie e con gli accorgimenti igienico-sanitari adeguati.






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lunedì 18 aprile 2016

LE LENTIGGINI



Sicuramente Pippi Calze Lunghe raffigura l'emblema delle lentiggini.

Le lentiggini sono piccole macchie cutanee di colore variabile dal beige al bruno, presenti specialmente nelle persone con carnagione chiara ma talvolta anche sulla cute di persone con fototipo più elevato.

Nel linguaggio comune i termini efelidi e lentiggini vengono usati come sinonimi; in dermatologia invece indicano due alterazioni pigmentarie cutanee differenti: le lentiggini infatti sono dovute ad un accumulo non solo di pigmento, ma anche di cellule; sono perciò permanenti (non scompaiono neanche nel periodo invernale se l'esposizione solare è modesta).

Le efelidi invece sono dovute ad un accumulo di solo pigmento, compaiono con la fotoesposizione e tendono più o meno rapidamente a regredire in assenza di essa. Avere le lentiggini è un fattore genetico ed è collegato con la presenza della variante genetica del recettore MC1R della melanocortina-1. Le lentiggini possono anche essere attivate da una lunga esposizione alla luce solare, come nell'abbronzatura.

Quando i raggi del sole penetrano la pelle, attivano i melanociti che possono indurre le lentiggini a diventare più scure e più numerose, anche se la distribuzione di melanina non è la stessa. I capelli biondi e più comunemente quelli rossi sono solitamente congiunti con il fattore genetico delle lentiggini, ma nessun carattere lo è così tanto come la pelle diafana o pallida. Le lentiggini sono rare negli infanti e più comuni sui bambini prima della pubertà; sono meno diffuse negli adulti.

Fanno la loro comparsa nell'infanzia, ma poi possono aumentare o diminuire nel corso degli anni. I bambini che non producono abbastanza melanina per proteggere la loro pelle dai raggi nocivi dal sole sviluppano delle lentiggini provvisorie connesse con l'infanzia, che solitamente spariscono nella pubertà, una volta che ci sia una maggiore e corretta produzione di melanina. Le persone con la pelle chiara spesso non producono abbastanza melanina, così le lentiggini sono presenti anche dopo la pubertà e nell'età adulta, il che indica quell'individuo come portatore genetico di lentiggini.



In seguito all'esposizione al sole, le lentiggini riappariranno se sono state alterate con creme o laser e non sono state protette dal sole, tuttavia in alcuni casi sbiadiscono con l'età. Le lentiggini non sono una malattia della pelle. Gli individui con una predisposizione alle lentiggini potrebbero essere particolarmente soggetti a scottature e a cancro della pelle e dovrebbero quindi avere maggior cura nel proteggersi al sole con un filtro solare quotidiano almeno di 15 SPF.

Le lentiggini si manifestano sia negli uomini che nelle donne, soprattutto nelle persone con capelli rossi e carnagione chiara, anche se il fenomeno si presenta, seppur di rado, persino in soggetti africani; è una manifestazione rara nei neonati, comune tra i bambini. Talvolta, nella pubertà le lentiggini possono aumentare o sparire, tuttavia, è un fenomeno rilevato anche tra gli adulti.

L'utilizzo di sostanze schiarenti (agenti depigmentanti) potrebbe essere una soluzione per diminuire le lentiggini: l'acido koijco, in particolare, è d'aiuto per alleggerire le lentiggini provocate dall'acne, e l'acido retinoico, applicato per più mesi, può promuovere la diminuzione delle stesse.
Molte persone sarebbero disposte a sottoporsi a qualsiasi trattamento pur di vedere la propria pelle priva di quei piccoli pois marroncini: il dermatologo potrebbe consigliare un trattamento laser, efficace e sicuro, oppure altri trattamenti in grado di migliorare la condizione ma senza garanzia nel tempo, quali peeling e diatermocoagulazione (intervento medico-chirurgico che provoca la distruzione dei tessuti grazie ad uno stimolo di corrente ad alta frequenza; è utilizzato anche per semplici verruche e piaghe, e anche per problemi più gravi come forme patologiche).
L'industria cosmetica pone sul mercato una serie di prodotti cosmetici atti a nascondere le lentiggini, come fondotinta, terra e fard.
Si possono tenere in considerazione, poi, anche alcuni consigli naturali per diminuire le lentiggini: il limone ha la capacità di “scolorare”, di conseguenza potrebbe essere d'aiuto applicarlo nelle lentiggini. La vitamina E è un potente antiossidante ed una crema a base di questa vitamina contrasta i radicali liberi proteggendo la pelle. Nella tradizione popolare, si riteneva che anche le cipolle provocassero un effetto schiarente se applicate nella zona, però la ragione scientifica è sconosciuta, perciò dubbia.
È ironico come la maggior parte delle persone che presenta lentiggini non le sopporti e sia disposta a qualsiasi cosa pur di liberarsene, mentre altre le esaltano e le valorizzano al massimo. Altri ancora affermano che, pur di averle, sarebbero disposti a comprarle.


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I CAPELLI ROSSI



“Rosso malpelo, tre soldi un cavelo”, “pel di carota”, “testa rugena”… a differenza dei biondi e dei bruni, i capelli rossi non sono semplicemente una delle possibili tinte che ha la chioma di una persona, spesso diventano la causa di pregiudizi, di luoghi comuni che possono avere anche un notevole impatto sull’esistenza individuale e sulle relazioni sociali.

Benchè, nell’immaginario collettivo, alcune figure dai capelli rossi abbiano una valenza positiva, basti pensare alla Sirenetta di Disney, a Jesssica Rabbitt, a Pippi Calze-lunghe…, ed una ricerca abbia dimostrato che il 60 per cento delle donne che si tingono i capelli, lo fa a casa e di queste, il 26 per cento sceglie di farsi bionda, il 27 per cento bruna ed il 30 percento rossa, così le vendite di tinte rosse sono aumentate del 17 percento dal 2000 ad oggi,nonostante tutto ciò, di fatto, le valenze negative associate all’avere le chiome fulve, persistono un po’ ovunque.

Le persone con i capelli rossi hanno, non di rado, occupato un posto particolare nella storia proprio per essere state oggetto di ingiustificate discriminazioni tanto è che, ultimamente, è in corso un effervescente dibattito sul fatto che il “gingerism” (ossia l’essere rossi di capelli) generi delle forme di discriminazione ed aggressività persino più accentuate del razzismo.

Ai rossi è, generalmente, associato un carattere irascibile ed una certa focosità sessuale. Malgrado simili luoghi comuni dipingano le rosse come dotate di un temperamento “caldo”, invero, una simile correlazione non è mai stata dimostrata da nessuno studio scientifico.

Ammesso che il primo essere umano fulvo visse circa 50.000 anni fa in Africa ed i suoi epigoni si sparsero in tutta l’Europa del Nord, i pre-giudizi e le credenze sui rossi sembrano permeare tutte le culture.

Gli antichi egizi, che tendevano a divinizzare  ogni realtà e situazione, specialmente quelle che incutevano paura o comportavano particolari pericoli, da un lato, hanno creduto che gli animali e gli uomini fulvi, avessero un legame speciale con il dio ‘Set’e molti dei loro faraoni avevano i capelli rossi. Incluso Ramses, il più potente di tutti.

Di contro, però, consideravano anche il rosso come colore foriero di gravi sfortune pertanto molte fanciulle con la capigliatura fulva, sono state bruciate per spazzare via la loro tinta. Inoltre, si è scoperto che, alla loro epoca, non pochi rossi erano stati sepolti vivi.

Gli antichi Greci ritenevano che le donne rosse si trasformassero in vampiri dopo la morte.

Aristotele, invece, le descriveva come emotivamente non-addomesticabili.

Lo storico romano Cassio descrisse la regina guerriera britannica Boudicca come “alta e terribile di aspetto per la gran massa di capelli rossi”.

Tra l’altro, gli antichi romani pagavano un prezzo maggiorato per gli schiavi dai capelli fulvi.

Nel Medioevo, il rosso era visto come il colore del Diavolo, e si pensava che un bambino nato con i capelli rossi fosse stato concepito durante il periodo nel quale la donna era mestruata.

Durante l’Inquisizione spagnola, invece, le chiome  “color fiamma” provavano che la persona avesse rubato il fuoco dell’inferno e, perciò, che meritasse di essere bruciata come strega.

Nei primi anni del 1600, alla fine del regno della regina Elisabetta I emerse nel sud-ovest dell’Inghilterra la convinzione che le fate e le creature ultraterrene fossero rosse. Così le persone dai capelli rossi sono state, da allora in poi, sempre ritenute dotate di talenti extra-ordinari oltre che maliziose.

E se in Danimarca è un onore avere un figlio dai capelli rossi, in Corsica, se si supera una persona con la chioma rossa per la strada, si deve sputare e girarsi. Non è chiaro se tale gesto venga fatto perché si pensi porti fortuna o perché si crede che i rossi lascino l’amaro in bocca.

In Polonia, si ritiene che se si superano tre persone con i capelli rossi si vincerà alla lotteria.

Ed ancora, il nome Russia significa “terra dei rossi” in onore di un vichingo dai capelli rossi di nome Rurik.

E se i clown dai capelli rossi hanno la loro origine proprio in Russia, anche lì la tradizione locale vuole che i capelli rossi siano un indice di un temperamento focoso oppure di follia. Un proverbio ammonisce: “Non c’è mai stato un santo con i capelli rossi.”

Di fatto, i personaggi con i capelli rossi nella Bibbia non godevano di buona fama.



Il termine Adamo è, presumibilmente, la parola ebraica per ‘rosso’ o ‘rubicondo’, e Giuda viene spesso raffigurato con i capelli rossi così come Maria Maddalena. Il re Davide si pensa sia stato rosso ed alcuni addirittura ritengono che il leggendario ‘marchio di Caino’ fosse proprio la sua chioma fulva.

L’associazione dei capelli rossi con l’inaffidabilità e la bruttezza prevale in qualche modo in età moderna.

I nazisti si domandavano se consentire o meno alle persone dai capelli rossi di sposarsi, temendo che la loro progenie fosse degenerata.

Nella moderna Gran Bretagna, pur avendo la maggiore concentrazione di persone con i capelli rossi, o forse proprio per questo, i termini “ginger” o “ginga” vengono utilizzati per descrivere spregiativamente i fulvi.

Questo ha dato origine a termini come “gingerphobia” (paura di rosse) o “gingerism” (pregiudizi contro i rossi).

In genere, si trovano più persone con capelli rossi alle latitudini settentrionali, ma ve ne sono anche tra gli ungheresi, gli egiziani, gli israeliani ed alcune tribù nigeriane

La maggiore concentrazione di costoro è in Scozia (13%), seguita da vicino dall’Irlanda con il 10%.

I pigmenti della pelle e dei capelli sono costituiti da diversi tipi di melanina. Ci sono due grandi gruppi di melanina, eumelanina, che è bruna, e la feomelanina, che è rossa.

Così chi ha capelli scuri ha una prevalenza di eumelanina e chi rossi molto luminosi ha poca eumelanina ma molta feomelanina.

Chi ha capelli ramati ha un po’ di entrambi i tipi di pigmenti.

Il colore della pelle e dei capelli sono spesso associati, ma non sempre. Per esempio, le persone con i capelli rossi sono, di solito, abbastanza pallide di carnagione, non tendono ad abbronzarsi ma a scottarsi al sole e hanno una maggiore probabilità di avere le lentiggini. Ci sono, tuttavia, come sempre, anche delle eccezioni alla regola.

Nel 1995, Jonathan Rees dell’Università di Edimburgo, ha scoperto che il recettore della melanocortina 1, una proteina codificata da un gene precedentemente scoperto nei topi, è il responsabile della produzione di capelli rossi nell’uomo.

Ognuno di noi ha due copie di questo gene che può presentare delle piccole variazioni, quattro o cinque delle quali sono molto comuni nelle popolazioni europee.

Quando un soggetto è portatore di tali caratteri su entrambi i cromosomi, allora, molto probabilmente, ha i capelli rossi.

Secondo i genetisti c’è un’ereditarietà “autosomica” quando entrambi i genitori non sono rossi  ma il figlio lo è perché si sono incontrati due caratteri recessivi.

Se uno dei genitori ha i capelli rosso vivo, ed è, quindi portatore di due dei caratteri (uno per ciascuno dei cromosomi), ed anche l’altro genitore ne è portatore, allora la percentuale di probabilità di avere figli con i capelli rossi sale al 50% .

È questo aspetto della genetica e della modalità di trasmissione, che spiega perché il colore dei capelli rosso non si presenti in tutte le generazioni, ma, talvolta, ne salta qualcuna.

Ci sono diversi tipi di capelli rossi. Alcuni sembrano “biondo fragola”, altri rosso vivo, altri ancora ramati.

Per quanto se ne sa, la genetica alla base di queste differenze è  abbastanza simile, nel senso che i cambiamenti nel gene prima menzionato, sembrano essere significativi per tutti i tipi di capelli rossi. Tuttavia, se abbiamo i capelli rosso vivo è molto più probabile che siamo portatori di due copie diverse del gene piuttosto che se siamo “biondo fragola”.

Ci sono molti altri enigmi sui capelli rossi, oltre a quelli genetici.

Alcuni uomini potrebbero avere la barba rossa, ma i capelli di colore scuro. Questo non è del tutto sorprendente perché in molti mammiferi la parte anteriore del corpo è di un colore leggermente diverso rispetto alla posteriore.

In certi animali, questo fatto è chiaramente spiegato su base molecolare,  per gli uomini, invece, non sembra sia così. Tuttavia vari studi hanno osservato che le persone con la barba rossa è più probabile che abbiano almeno una coppia diversa del gene dei capelli rossi.

Un altro enigma è il motivo che induce il colore dei capelli a cambiare così tanto nel corso della vita. Sappiamo che esso tende ad essere più tenue alla nascita e diventa più scuro, in particolare durante l’adolescenza e la pubertà. Non conosciamo, però, il motivo per il quale le cellule che producono melanina diventano più attive in questo periodo. Allo stesso modo, naturalmente, non capiamo perchè i capelli diventano grigi e più sottili in età avanzata.

I rossi  hanno spesso diversi colori dei capelli nelle varie fasi della vita, rispetto agli altri. La loro chioma non diventa grigia ma paglierina e poi bianca ed incanutiscono da più vecchi nei confronti dei bruni o dei biondi.

Un aspetto medico significativo è che gli individui con i capelli rossi sono, in media, più propensi a scottarsi al sole, il che aumenta per costoro il rischio di contrarre il cancro alla pelle.

Così, secondo Madhu Pathak, un dermatologi di Harvard, “i rossi sono tre volte perdenti perché il loro pigmento rosso è un filtro inadeguato della luce solare e la loro pelle è più sensibile al cancro, alle scottature ed alle rughe da l’età”.

Personaggi storici, a loro volta, fulvi: da Vincent van Gogh, Wilma & Pebbles Flintstone, Pippi Longstocking, Cyndi Lauper, Annie Potts, Carol Burnett (with whom I share a birthday), Winston Churchill, Anne of Green Gables, MAria Stuarda, a Galileo, Sarah Bernhardt, My Sister, Lucille Ball, Ronald Mc Donald, Conan O’Brien, Queen Elizabeth I, Sarah Ferguson, Henry VIII, Susan Sarandon, Raggedy Ann & Andy, Katherine Hepburn, Bette Midler, Ginger Rogers, Red Skelton, Rita Hayworth, Nichole Kidman, Molly Ringwald, Ann Margret, Bonnie Rait, Julianne Moore, Fiona di Shrek, Danny Elfman, Bernadette Peters, Sissy Spacek, Toni Collette, Gillian Anderson, Sarah Mclachlan, Axl Rose, Jessica Rabbit, The Little Mermaid, Peppermint Patty, Mary Jane (moglie di Spiderman), Emily Dickinson…




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martedì 12 aprile 2016

IL TRIFOGLIO



Il simbolo del trilobo o trifoglio indica la divinità nella sua rappresentazione trittica, padre madre e figlio, o le due polarità insieme a una terza che risulta generata dall'unione delle prime due primarie. Molto collegato al simbolo del Triskel o trischelle il trilobo è un simbolo formato da tre lobi arrotondati congiunti insieme, che indicano il numero tre avente collegamento sacro in diverse culture e religioni.

Il suo uso risale a 3000 anni fa, da prove reperite in tombe inerenti religiosi induisti che lo adottarono per simbolizzare Dio nella sua immensa composizione usando un simbolo come il trilobo che lo rappresenta in maniera molto semplice.

Nella religione cristiana il trilobo indica la santa trinità racchiusa spesso in un cerchio esattamente come nella cultura egiziana antica i usava fare per i sigilli racchiusi in un altro simbolo importante che stava a rappresentare un cartiglio che altro non era se non un cerchio con i due lati schiacciati e un nodo stilizzato nella parte bassa a rappresentare la chiusura sicura di ciò che stava all'interno del cartiglio.

Il trilobo lo ritroviamo nella composizione di molte finestre di antiche chiese: oltre alla santa trinità il trilobo rappresenta uno dei simboli usati per indicare i quattro evangelisti ma in questo caso diventa molto simile al quadrifoglio.


Sembra difficile immaginare un simbolo più irlandese dei trifogli. I tatuaggi di trifogli e quadrifogli sono spesso usati come dichiarazione orgogliosa delle proprie radici irlandesi e anche come potente simbolo di buona fortuna.

Il trifoglio è stato sempre talmente diffuso nella cultura irlandese che nell’antichità veniva attaccato un simbolo cristiano al trifoglio per far accettare ed adottare tale religione al popolo irlandese. La leggenda dice che quando San Patrizio, nuovo santo patrono dell’Irlanda, viaggiò attraverso l’isola di Smeraldo per diffondere la Cristianità, usò le tre foglie del trifoglio per spiegare la Santa Trinità.

In Irlanda viene visto come un portafortuna, come un amuleto: è l’orgoglio dell’identità irlandese ed è anche un simbolo religioso di antichissima tradizione. Per gli irlandesi il trifoglio tatuaggio , con tre o quattro foglie, viene visto come un portafortuna.


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giovedì 7 aprile 2016

TATUARSI DA SE....



Il predecessore della macchina per tatuaggi è stata la penna elettrica inventata da Thomas Edison e brevettata nel 1876. Questa era stata progettata per duplicazione di documenti, ma nel 1891 Samuel O'Reilly scoprì che l'invenzione di Edison poteva essere modificata e usata per introdurre inchiostro nella pelle. Questa macchina per tatuaggi si basava su una tecnologia a movimenti rotatori, diversamente da quelle moderne. La prima macchina per tatuaggi a elettromagneti venne brevettata da Thomas Riley in inghilterra, a distanza di soli venti giorni dal brevetto di Samuel O'Reilly.

Un'ulteriore modifica venne attuata da Alfred Charles South che aggiunse una seconda bobina al meccanismo. Lo strumento così ottenuto era estremamente pesante e per renderlo più maneggevole veniva spesso applicata una molla che lo collegava al soffitto, scaricandovi parte del peso. Le macchine per tatuaggi più moderne rendono possibile controllare la profondità della penetrazione dell'ago, la velocità e la forza di applicazione permettendo grande precisione.



Quello dei tatuaggi in casa è purtroppo un fenomeno che, nonostante campagne e pubblicità, continua ad essere estremamente diffuso nel nostro paese. Si tratta di un fenomeno decisamente deleterio per il movimento dei tatuaggi, dato che siamo di fronte a qualcosa che dovrebbe essere sicuramente evitato in quanto nelle abitazioni non ci sono le condizioni per effettuare un tatuaggio a regola d’arte.

Si tratta di qualcosa che era estremamente comune fino a qualche decennio fa, e che ha causato più di qualche problema agli impavidi solitari del tatuaggio. Si trattava di, a modalità di carcerato, utilizzare un comune ago e un po’ di china per farsi un tatuaggio da soli.

Bastava riscaldare un po’ con un accendino l'ago per sentirci completamente al sicuro da ogni tipo di infezione. Cosa che ovviamente non era vera, in quanto non tutti i batteri e gli agenti virali che sono pericolosi in queste circostanze possono essere eliminati semplicemente riscaldando un ago.

Serve infatti un’autoclave per garantirci che la strumentazione che stiamo utilizzando sia davvero adatta al tatuaggio e non bastano accendini e simili. Un grande errore da non commettere, costi quel che costi.

Tuttavia è anche il modo migliore per rovinarsi a vita la pelle. Un tatuaggio fatto male non si può buttare e nel 90% dei casi non si può nemmeno coprire o cancellare col laser.



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martedì 5 aprile 2016

Tatuarsi il Proprio SEGNO ZODIACALE



I tatuaggi con segni zodiacali sono perfetti per chi davvero crede nelle stelle e nel rapporto intimo e profondo tra segno di nascita e personalità. E' possibile scegliere tra soggetti semplici e minimal, come i simboli che universalmente si ricollegano ai segni zodiacali o scritte e disegni stilizzati, e tattoos invece molto articolati e particolareggiati, in bianco e nero o in chiave multicolor.

Sin dalla notte dei tempi, l’umanità ha avuto un’infatuazione apparentemente innato con le stelle. Per diversi secoli si è creduto che i cieli celesti avessero una forte influenza nella nostra vita quotidiana. Il concetto dello zodiaco non è nuovo, e può essere di fatto rintracciato nel lontano Egitto, ma una versione più moderna che usiamo oggi proviene dagli antichi greci.

I Greci, e molti fan moderni di astrologia, ritengono che ogni vita è pre-determinata da ciò che è scritto fin dal principio – la posizione del sole, della luna e dei pianeti al momento della nascita. Per il mondo occidentale, lo zodiaco più comunemente usato, o il grafico astrologico, è lo zodiaco greco, che è composto da 12 segni o simboli che ciascuno corrisponde ad un mese dell’anno diversi. Ogni segno ha ovviamente un suo significato, e non è detto che coloro che condividono un segno condividano anche parti di tratti di personalità comuni.

Qualunque sia il vostro segno, avete l’imbarazzo della scelta quando si tratta di parlare di un disegno zodiacale. I segni dello zodiaco possono essere fatti in simboli, segni o pezzi d’arte, anche drammatici.



Lo Zodiaco arabo è raffigurato come albero con dodici rami, i cui frutti sono le stelle. Il Denderah egiziano ha al centro i simboli delle costellazioni settentrionali, circondati dai segni dello Zodiaco, ma il Capricorno è una capra con la coda di pesce e al posto del Cancro vi è lo Scarabeo. Figure sorreggono il cerchio esterno con le braccia e le mani sollevate. Lo Zodiaco indù, la Ruota dei Segni, o Rasi chakra, o danza dell’evoluzione, ha al centro il carro del sole, circondato dalle divinità planetarie come Giove-Rahu e Ketu, la testa e la coda del drago, Mercurio-il Buddha, Marte-Chandra o la luna, Saturno e Venere sono rappresentati come figure indiane, il cerchio esterno ha i segni dell’ordine egiziano. Lo Zodiaco inca, ha in gran parte gli stessi segni ora in uso, nel cerchio interno sono iscritti i segni dei venti nomi e dei sogni della settimana. Lo Zodiaco cinese ha i segni dei Dodici Rami Terrestri: il Topo, il Bue, la Tigre, la Lepre, il Drago, il Serpente, il Cavallo, la Capra, la Scimmia, il Gallo, il Cane, il Cinghiale. Sono gli Animali delle Costellazioni e sono sotto i rami dell’ALbero dell’Anno, sono rappresentati sei animali selvatici e sei animali domestici, sei yin e sei yang. Lo Zodiaco islamico ha sei segni “settentrionali” (umidi) e sei segni “meridionali” (asciutti).




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lunedì 4 aprile 2016

TATUAGGI SUI PIEDI




I tatuaggi sul piede sono decisamente tra i più in voga, soprattutto per le donne poiché considerati molto sexy e decisamente più femminili; anche se non è raro vedere uomini coi piedi tatuati, in molti casi con disegni tribali, quindi completamente neri e geometrici. 
Farsi un tatuaggio sul piede non è esattamente come farlo sulle braccia o sul petto, i piedi infatti sono una delle parti del corpo più sensibili poiché prive di grasso e fasci muscolari, questo significa che lo spazio tra epidermide e ossa a disposizione del tatuatore è davvero ridotto, e di conseguenza il dolore sarà maggiore. Ovviamente, come sappiamo bene, molto dipende anche dalla soggettiva soglia del dolore di ognuno di noi, ma se fate parte di quelle persone che possiedono una grande sensibilità al dolore forse è il caso di optare per una zona differente.
Un altro fattore che incide particolarmente nel caso del tattoo sul piede è relativo alla guarigione della ferita e alle sue cure post esecuzione. Questo perché dopo aver fatto un tatuaggio sul piede è consigliabile aspettare almeno due settimane prima di utilizzare scarpe chiuse; lo fregamento potrebbe rovinare il tatuaggio, incidere sulla sua guarigione e sulla formazione delle crosticine, oltre che sulla loro spontanea caduta.
Per questo, a meno che non passiate tutta la giornata in casa, è opportuno pianificare l’esecuzione di un tattoo sul piede in estate, in modo da essere certi di poter indossare scarpe comode e aperte che lascino libera la zona appena tatuata. Ovviamente durante il periodo di guarigione dovrete evitare le spiagge e l’acqua di mare e di piscina.
Se poi la vostra idea è quella di farvi tatuare entrambi i piedi, magari con quei bellissimi e molto modaioli tatuaggi gemelli, è assolutamente sconsigliato farlo nello stesso momento, poiché non sarebbe per nulla comodo avere entrambi i piedi “feriti” nello stesso periodo. Tatuate quindi il primo piede e dedicatevi al secondo una volta terminata completamente la guarigione del primo.
La sua forma rettangolare è perfetta per tatuaggi importanti che ricoprono tutta la superficie tra la caviglia e le dita, ad esempio disegni tribali totalmente neri piuttosto che coloratissimi soggetti giapponesi (carpe, rami di ciliegio), oppure disegni appartenenti alla Old School (ancore, rondini).
In molti casi, soprattutto le donne, optano per tattoo di più piccole dimensioni con soggetti delicati e stilizzati, quali fiori, farfalle o piccole scritte; anche questo genere di disegni è perfetto per la zona del piede e inoltre comporterà, rispetto a tattoo più grandi, una minore sofferenza in fase di esecuzione.
Ultimo fattore da considerare in merito ai tatuaggi sul piede è il fatto che si tratta di una zona del corpo che resta nascosta quasi tutto l’anno e quindi perfetta nel caso non vogliate mettere troppo in mostra il vostro tattoo, magari per ragioni lavorative.



Farsi fare un tatuaggio sotto la pianta i piedi, é molto più fastidioso che farlo in altri posti.
Purtroppo bisogna ripassarlo ogni tanto, la pelle della pianta del piede é soggetta a 'maggior usura' di altre parti del corpo e se vogliamo che il disegno rimanga visibile, dobbiamo ripassarlo almeno una volta ogni 2 o 3 anni, poi dipende da persona a persona.

I migliori tattoo sotto la pianta del piede, non sono disegni, ma scritte, che possono essere fatte o nella parte interna del piede o nella parte esterna o sul tallone.
I tatuaggi fatti in questo posto, di solito sono semplici scritte o semplici simboli, monocolore ed hanno un prezzo basso.

I palmi delle mani e le piante dei piedi sono posti cattivi per un tatuaggio. L’arco inferiore del piede è possibile, ma il resto della parte inferiore del piede, insieme al palmo della mano, non può essere tatuato. Ci vogliono più applicazioni, e anche in questo caso, non ci sono garanzie. Con le mani, la pelle si rigenera troppo veloce. La gente  usa sempre le mani, i tatuaggi vanno via prima ancora di poter guarire. In pochissimi casi, i ripetuti tentativi portano un tatuaggio sul palmo della mano a rimanere, ma non funziona affatto sulla punta delle dita. Sulle piante dei piedi, i tatuaggi sono impossibili perché la pelle è troppo spessa e callosa per arrivare a un livello  d’ inchiostro che rimarrà nella vostra pelle senza lasciare cicatrici.





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sabato 2 aprile 2016

I PANTALONI A CAVALLO BASSO



Già da diverso tempo le passerelle hanno mostrato un nuovo trend che, in breve tempo, è riuscito a conquistare il cuore delle amanti della moda più attente alle ultime tendenze. Si tratta dei pantaloni con cavallo basso, scelti non solo dalle donne che amano la comodità, ma anche dagli uomini che vogliono arricchire il loro guardaroba con qualcosa di unico.

A cavallo basso, harem, alla turca o sarouel. Il motivo di tanti nomi è dovuto al taglio del cavallo e a diverse traduzioni che però vanno ad identificare lo stesso tipo di pantaloni. In generale, i pantaloni con cavallo basso hanno appunto il cavallo medio-basso, sono ampi sulle gambe e caratterizzati da una cinta a vita alta. Possono essere lunghi o corti e sono generalmente più stretti alla caviglia o al polpaccio.

Alcuni modelli si differenziano per il cavallo che arriva a metà coscia fino a toccare terra. Si tratta in generale di un modello davvero particolare, che si differenzia da un pantalone tradizionale per la morbidezza del tessuto utilizzato e dalla intrinseca comodità. Lo stile di questi modelli deriva dai tradizionali pantaloni turchi, chiamati salvar e indossati da uomini e donne dell'Impero Ottomano.

Per chi ama i pantaloni a cavallo basso, la scelta tra i modelli è ampia e variegata ed è possibile avere un guardaroba unico, capace di adattarsi a ogni occasione: lunghi fino alla caviglia o corti al ginocchio; ampi fino all'orlo o resi a sbuffo dal progressivo restringimento della gamba; elegantissimi in tessuti dall'effetto lucido o disimpegnati grazie a tele variopinte e fantasia.

L'abbinamento ideale per il pantalone con cavallo basso è semplice e sportivo. Una canottiera bianca ben sagomata o una t-shirt colorata saranno il modo migliore per completare l'outfit. Ai piedi, sarà opportuno calzare sandali o infradito in cuoio. Se vuoi optare per un look elegante, puoi abbinarli a scarpe con il tacco, una canottiera gioiello e un blazer avvitato.



I pantaloni con il cavallo basso sono molto comodi e la tentazione di indossarli con le scarpe basse è alta; fai attenzione: il loro taglio particolare dona a chi ha gambe lunghe e slanciate, ma rischia di appensantire la figura di chi è più formosa: se è il tuo caso, cerca di evitare i modelli con stampe sgargianti e con il cavallo particolarmente basso, prediligi le tinte unite (il nero su tutti) e abbinali a scarpe con il tacco.

Ci sono giornate in cui si predilige essere comode magari perché si è fuori tutto il giorno. In questo caso il pantalone cavallo basso in tessuto tuta è quello che ci occorre, anche perché è una variante al solito leggins.

Indossare una tuta non è sinonimo di sciatto o trasandato perchè alcune sono davvero stupende e perché, anche un semplice pantalone di tuta nero, abbinato nel modo giusto, può creare un look unico.
Per la sera, i cui abbinamenti sono sempre più belli perché esigono di solito una scarpa alta, un pantalone cavallo basso nero in tessuto elegante, camicia bianca in cotone con le maniche risvoltate e bretelle nere. Abbinare il tutto ad un décolleté a punta con il tacco alto a spillo. Giacca lunga e una pochette.

Un altro look carino potrebbe essere con pantalone nero, top crop nero o bianco, giacca nera lunga dal taglio maschile e décolleté di pelle a punta.



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