domenica 26 giugno 2016

LA VITILIGINE



La vitiligine o leucodermia è una malattia cronica della pelle non contagiosa, ad eziologia forse autoimmune, ma la sua origine è sconosciuta, anche se si sospetta sia ereditaria e genetica, caratterizzata dalla comparsa sulla cute, sui peli o sulle mucose, di chiazze non pigmentate, cioè zone dove manca del tutto la fisiologica colorazione dovuta al pigmento, la melanina, contenuto nei melanociti. I melanociti, forse attaccati dagli anticorpi, resterebbero vitali, ma smetterebbero di produrre melanina.

Le chiazze sono generalmente diffuse su tutto il corpo spesso in modo simmetrico. Gli esordi della vitiligine interessano solitamente le zone del corpo intorno ad aperture (intorno a occhi, ano, glande e genitali) e alle unghie (sulle dita, partendo dalle estremità), e più in generale: viso, collo, mani, avambracci, inguine. In zone dove sono presenti cicatrici si possono formare nuove chiazze.

Le macchie hanno colore decisamente bianco, con margini ben delineati e piuttosto scuri, ma la pelle delle zone colpite a parte la modificazione cromatica è assolutamente normale, meno nelle zone ricoperte da peli, dove sovente se ne nota lo sbiancamento e la parziale caduta o il diradamento (peli della barba). A volte compare anche prurito. Non potendosi proteggere mediante abbronzatura le zone bianche sono facilmente soggette a eritema solare e scottature da esposizione, come la pelle di un neonato o di una persona con albinismo: se ne consiglia la protezione mediante copertura tessile (indumenti coprenti) e/o creme ad altissima protezione (fattore superiore a 40), se si trascorre molto tempo al sole. È completamente infondata la credenza che tale malattia sia contagiosa.

Ben più complessi possono essere invece i risvolti psicologici di chi è affetto di vitiligine, per il senso di isolamento e depressione che a volte segue la comparsa delle macchie. Ciò è tanto più vero quanto la persona affetta da vitiligine si sente diversa dalle altre o addirittura rifiutata, osservata per il problema estetico che le macchie generano. La cosa ha più probabilità di verificarsi quando le macchie sono poste in parti del corpo molto visibili (volto, collo, mani) e la persona è di carnagione scura; chi invece è già di carnagione molto chiara riesce a evitare di evidenziare le macchie con la semplice accortezza di non esporsi al sole e non abbronzandosi dove ancora ha pigmento.

L'origine è sconosciuta (anche se si sospettano fattori autoimmuni e/o predisposizione genetica), né sono noti fattori scatenanti o favorenti anche se è stata documentata un'incidenza maggiore tra componenti della stessa famiglia (la possibilità di contrarre la vitiligine per i famigliari di un paziente - 6 % - è più alta rispetto alla percentuale comune della popolazione mondiale di malati di vitiligine, l'1 %) e legata a fattori di stress (benché tale teoria non sia verificata) che danno il via alla manifestazione primaria della vitiligine o alla sua recrudescenza dopo periodi - anche lunghi - di stasi.

Testimonianza della possibile patogenesi autoimmunitaria è sicuramente la presenza, in circa 20 % di individui affetti, di altre patologie autoimmuni che però non incidono con il decorso della vitiligine; tra esse: gastrite cronica atrofica autoimmune, tiroidite di Hashimoto, ipertiroidismo e ipotiroidismo, psoriasi (l'associazione di vitiligine e psoriasi, quindi con rischio di artrite psoriasica, è più rara di altre comorbilità, ma è possibile specie nelle forme di origine famigliare-genetica), allergie, celiachia, lupus eritematoso sistemico, dermatiti, alopecia areata, anemia perniciosa, diabete mellito di tipo 1 (diabete giovanile), malattia di Addison, miastenia gravis, dermatite atopica, artrite reumatoide e sclerodermia, nonché la presenza di segni come l'eosinofilia.



Un'altra possibile causa o concausa, è nell'ossidamento precoce da radicali liberi dell'ossigeno, come avviene nel normale sbiancamento dei capelli, ossia tramite il perossido di idrogeno (usato in medicina come acqua ossigenata disinfettante) prodotto come scarto del metabolismo organico. Con l’invecchiamento il corpo non è più in grado di neutralizzare gli effetti di questa sostanza perché nelle cellule vecchie la tirosinasi, un enzima che separa il perossido di idrogeno nelle sue due componenti di base (acqua e idrogeno) è presente in minor concentrazione. Esso si accumula nel bulbo pilifero, bloccando la sintesi del pigmento colorante, cioè la melanina.

L’ossidazione provocata dal perossido di idrogeno non interferisce solo con la produzione di melanina, ma blocca anche altri enzimi necessari per riparare le proteine danneggiate. Il risultato è una reazione a catena, fra cui la graduale perdita di pigmentazione del capello, dalla radice alla punta. I pazienti affetti da vitiligine, oltre alla reazione autoimmune, potrebbero soffrire di disturbi metabolici o endocrini dovuti a mancanza di sufficiente tirosinasi, e lo sbiancamento causato o aumentato dal perossido, che ha effetti di questo tipo sulla pelle.

La diagnosi si effettua tramite esame obiettivo e strumentale, e diagnosi differenziale. Rinvenute le tipiche chiazze, è necessario il test tramite lampada di Wood, alla cui luce le chiazze di vitiligine emettono una caratteristica fluorescenza bianca.

Test laboratoristici per le patologie in comorbilità sono invece test di funzionalità tiroidea e pancreatica, nonché la ricerca di anticorpi anti-dsDNA, anti-ANA, anti-ENA, anti-muscolo liscio, anti-tireoglobulina, anti-gliadina, anti-mucosa gastrica.

I trattamenti sono sempre protratti per lunghi periodi, e possono variare a seconda del clima e delle stagioni. Vengono utilizzati con successo trattamenti, topici e non, che vanno ripetuti nel tempo, come l'uso di immunosoppressori come tacrolimus o gli steroidi, i quali tuttavia hanno una minore incidenza ed efficacia che nelle altre malattie autoimmuni. Alternativi sono l'uso di lampade UVA-UVB (fototerapia PUVA o "UVB a banda stretta", associata a sostanze fotosensibilizzanti come gli psoraleni; efficace ma temporanea), il trapianto autologo di melanociti sani (per chiazze poco estese), ecc.

Se le chiazze sono troppo estese, si può ricorrere allo sbiancamento artificiale delle parti pigmentate, per uniformare la pelle. Molti pazienti ricorrono al trucco.

Nessuno conosce esattamente il motivo per cui questo accade, ma sappiamo che colpisce persone di entrambi i sessi e di tutte le razze: solo negli Stati Uniti da 1 a 2 milioni di persone patiscono questa condizione e più della metà è rappresentata da bambini e da ragazzi.

I dermatologi classificano i tipi di vitiligine secondo la quantità e la posizione delle macule:

Localizzata: vitiligine focale quando ci sono solo pochi punti in una sola piccola zona.
vitiligine segmentale è caratterizzata da macchie solo su un lato del corpo e di solito non altrove, presente per esempio solo su una gamba o sul viso. Questo tipo di vitiligine è relativamente rara.
Generalizzata si presenta in molti punti in tutto il corpo, che tendono ad essere simmetrici (interessano cioè il lato destro e sinistro del corpo, come un’immagine a specchio). Questa è la forma più comune.
Universale quando ad essere interessata è quasi tutta la superficie del corpo.
Anche se la vitiligine può verificarsi ovunque sul corpo, è più probabile che si manifesti in:
zone esposte al sole, come il volto o le mani,
pieghe della pelle come i gomiti, le ginocchia o l’inguine,
pelle intorno agli orifizi (le aperture del corpo) come gli occhi, le narici, l’ombelico e la zona dei genitali.
Sebbene tutte le razze siano colpite allo stesso modo, le macchie tendono ad essere più visibili su chi ha la pelle scura; a volte i pazienti con vitiligine sono affetti da altri sintomi, come l’ingrigimento prematuro dei capelli o una perdita di pigmento sulle labbra e dalla pigmentazione delle cellule in queste zone.

Un trattamenti più complesso è invece la fotochemioterapia con raggi ultravioletti di tipo A: viene inizialmente somministrato un medicinale fotosensibilizzante, in seguito la parte colpita viene esposta ai raggi diretti del sole o, più spesso, a specifiche lampade UVA per ricolorare la pelle. Questo tipo di trattamento è tuttavia associato ad effetti collaterali anche gravi.

La più diffusa cura per la vitiligine è la fototerapia con l’uso dei raggi ultravioletti di tipo B: gli UVB hanno un’azione stimolante sui melanociti e sono in grado di ridurre la risposta immunitaria locale. Per ridurre i potenziali effetti collaterali di questo trattamento sono state messe a punto apparecchiature che agiscono solo sulle zone cutanee interessate.

E’ attualmente allo studio un nuovo tipo di terapia per la vitiligine che si basa sul trapianto di melanociti, coltivati in vitro a partire da un piccolo prelievo cutaneo di pelle sana.

Michael Jackson ci provava con una crema chiamata Porcelana, raccontano le cronache. La pop star americana soffriva di vitiligine (confermata dall’autopsia dopo la sua morte, avvenuta nel 2009) e voleva «sbiancarsi» per coprire la malattia (che provoca la comparsa di macchie «ipopigmentate» cioè bianche, particolarmente visibili in chi ha la pelle scura). Adesso alcuni ricercatori americani della Yale University di New Haven (Connecticut) hanno dimostrato che un farmaco, usato per curare l’artrite reumatoide (una malattia delle articolazioni), può fare il contrario: non sbiancare, ma aiutare le macchie bianche a ritrovare il colore naturale. Il farmaco si chiama tofacitinib e la ricerca è pubblicata su Jama Dermatology.

La vitiligine è una patologia rara, non è contagiosa, ma è psicologicamente devastante: mina l’immagine della persona. Finora si può controllare con creme a base di cortisone o con terapie che sfruttano la luce, ma con risultati non sempre soddisfacenti. Ecco perché i ricercatori stanno cercando nuove soluzioni. L’anno scorso Brett King, un dermatologo della Yale University ha dimostrato che il tofacitinib (una molecola che inibisce certi enzimi chiamati Jak - approvato dall’Fda, l’ente americano per il controllo sui farmaci, nell’artrite reumatoide appunto) può funzionare nell’alopecia areata: una malattia che provoca la perdita di capelli in zone circoscritte del cuoio capelluto.

Artrite reumatoide e alopecia hanno un’origine (per la verità ancora non chiara) che si rifà a una predisposizione genetica e all’autoimmunità (questo significa che in certi casi il sistema immunitario dell’organismo produce anticorpi che, invece di difenderlo contro aggressioni esterne, aggrediscono l’organismo stesso). Lo stesso vale per la vitiligine. Allora, si sono chiesti i ricercatori di Yale, perché non provare questo farmaco anche nella vitiligine che ha la stessa origine? Detto, fatto. I ricercatori hanno somministrato la medicina a una paziente di 53 anni con macchie di vitiligine in tutto il corpo.

Dopo due mesi di trattamento la paziente ha mostrato una parziale “ripigmentazione” (cioè le macchie bianche si scurivano) sulla faccia, sulle braccia e sulle mani. Dopo cinque mesi queste macchie erano quasi sparite, ma ne rimanevano alcune sul resto del corpo. Il farmaco non ha provocato effetti collaterali. Il risultato è davvero interessante, ma avvertono gli autori, occorrono altri studi per stabilire la sicurezza e l’efficacia della cura. «Ma questo risultato – ha detto Brett King, uno degli autori dello studio – può davvero rivoluzionare il trattamento di questa malattia».










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