mercoledì 30 settembre 2015

IL TRUCCO PERMANENTE




Il desiderio di avere sopracciglia sempre in ordine, un eye liner e contorno labbra perfetto senza perdere ore davanti allo specchio, illuminare lo sguardo o risolvere alcuni inestetismi che ti tormentano, quali vitiligine, alopecia o calvizie trova risposta nel trucco permanente.

Il trucco permanente è un tatuaggio un po' particolare, realizzato con aghi supersottili muniti di un sistema di blocco che non penetra nel derma profondo. Gli aghi iniettano nella parte superficiale della pelle, al di sopra dei piccoli vasi sanguigni, dei pigmenti, minerali o sintetici, testati in laboratorio per non provocare allergie.
Questa tecnica può servire a ridisegnare sopracciglia diradate o labbra troppo sottili e poco definite, a sottolineare il contorno occhi, a nascondere una cicatrice o a farsi aggiungere un neo.

Dopo aver tracciato il segno a matita sulla pelle, l'estetista introduce con un ago i pigmenti millimetro per millimetro, sotto anestesia locale. Questo procedimento fa molto meno male che un tatuaggio tradizionale.
L'intervento dura in media un'ora. E' necessario un ritocco dopo 2 settimane. Dopo l'intervento, la pelle è rossa e leggermente gonfia per 8-10 giorni. In questo periodo bisogna pulire bene le zone trattate con un antisettico.



E' un make up da tutti i giorni e deve quindi restare molto naturale. Questo non ti impedisce di ritoccarlo e renderlo più evidente in modo tradizionale.
Mano a mano che il tempo passa e che l'epidermide si esfolia naturalmente, i pigmenti vengono eliminati e il colore si attenua. La sua tenuta dipende dalla velocità alla quale la pelle si rinnova, dai colori applicati e dallo stile di vita (ad esempio, il sole altera i pigmenti). Il trucco è quindi permanente ma solo per 2 o 3 anni, il che non è necessariamente negativo: la moda cambia e anche le tendenze make up.

Il trucco permanente è sempre a posto, non sbava, non cola ed è impeccabile anche al mattino, dopo la palestra o una giornata al mare;
con le nuove tecniche non si sanguina quasi per niente e si puo' quindi tornare presentabili più in fretta;
il fatto di pungere la pelle stimola la microcircolazione e attiva l'attività delle cellule: le rughette si attenuano, soprattutto intorno alle labbra.

Il trucco permanente, chiamato anche trucco semipermanente, micropigmentazione, tatuaggio estetico correttivo o dermopigmentazione è una partica a cavallo tra innovazione e tradizione.

Parte infatti da elementi di conoscenza estetica legati al tradizionale mondo del make-up e attinge a pratiche quali il tatuaggio artistico, utilizzando novità tecniche per la realizzazione del trattamento in modo perfetto e sicuro anche e soprattutto dal punto di vista dell’igiene e sicurezza.

Il trucco permanente consente di valorizzare il volto, partendo da un’accurata consulenza visagistica, utilizzando competenze legate al tradizionale make-up, creando delle linee molto naturali. Il risultato deve apparire infatti naturale anche a viso struccato.
È un eccellente complemento al make-up d’occasione personalizzato a secondo del gusto soggettivo e del momento della giornata.
L'operatore di trucco permanente è per certi versi un make-up artist tecnologico che al posto di matite e pennelli, usa dermografo e pigmenti.
Al giorno d'oggi il trucco permanente ha raggiunto livelli di realismo tali da far dimenticare i primissimi lavori in cui si notava un tatuaggio alle sopracciglia del tutto innaturale. Oggi il trucco c'è ma non si vede.



Alcune persone temono che il trucco permanente sia doloroso.
Il dolore è un fattore assolutamente soggettivo e individuale. Tuttavia, l’impiego di prodotti e attrezzature all’avanguardia da parte di personale qualificato riduce questa sensazione a un lievissimo fastidio, che si avverte solo durante la seduta.
Altre sostengono che il trattamento di trucco permanente è un trattamento costoso. Facendo una rapida comparazione con la ricostruzione unghie rifatta una volta al mese ci rendiamo conto che è assolutamente un trattamento estetico in linea con i prezzi di mercato.
Il trucco permanente è adatto a donne e uomini di qualsiasi età che desiderano mettere in risalto, definire o correggere alcuni lineamenti del volto per migliorare il proprio aspetto o nascondere lesioni e/o difetti.
È inoltre indicato per chi indossa lenti a contatto, per chi soffre di allergie ai tradizionali prodotti da trucco e per gli atleti di qualsiasi disciplina.








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lunedì 28 settembre 2015

DECORAZIONI E LAVORO



Se fai il colloquio per un posto da dj va bene, ma visto che la nostra è un’azienda seria, con un’etichetta da rispettare, sarò costretto a inventare una scusa per non assumerti, anche se il curriculum è uno dei migliori». A dirlo è il capo del personale di una grossa società finanziaria di Milano. E il soggetto è l’uomo, o la donna, tatuato. In Gran Bretagna dopo alcuni casi di licenziamento di persone con vistosi tatuaggi su mani, collo e piedi si è iniziato a discutere sulla possibilità di parlare o meno di discriminazione. In Italia se ne discute un po’ meno anche se i tatuati sono mezzo milione e la maggior parte sono uomini tra i 16 e i 35. Insomma, chi è nel pieno della propria vita lavorativa.

Nella normativa italiana e europea non esiste nessun articolo che parli di divieto di avere tatuaggi, collegato ad una qualsiasi professione. Con le sole eccezioni di chi appartiene all’esercito o corpi di polizia, carabinieri, finanzia. «Tutti gli altri sono liberi di fare ciò che vogliono del proprio aspetto e qualsiasi causa sarà respinta da un giudice», spiega un avvocato. Ma occhio alle policy aziendali. «Ogni azienda privata è libera di imporre un proprio regolamento, anche in materia di aspetto fisico e decoro, ma anche in questo caso, se il lavoratore dovesse venire licenziato è quasi certo il reintegro da parte del giudice che esamina il caso», spiega l'avvocato, «in generale l’unico accorgimento da tenere è che i tatuaggi non siano offensivi». E per chi lavora nel pubblico, visto che l’ingresso è sulla base di un concorso, non esiste nessuna limitazione. Basta, in teoria, la competenza a passare l’esame.



L’eccezione sono i militari. Una direttiva del luglio 2012 evidenzia proprio come non siano ammessi tatuaggi o piercing per «prevenire e contenere situazioni che possano incidere sul decoro dell’uniforme». Questo vale soprattutto tra i soldati: chi è in missione all’estero non deve essere riconosciuto grazie ai simboli sulla pelle, oppure un tatuaggio che in Italia significherebbe solo una bravata da ragazzini potrebbe acquistare un significato del tutto diverso in un paese straniero, con diversa religione e cultura. In Alto Adige è stato pubblicato un bando per la copertura di sedici posti vacanti nelle diverse sedi del corpo forestale. E all’articolo 2 si legge: «I sovrintendenti sono impiegati in diversi settori, svolgono compiti di polizia e indossano l’uniforme. Sono obbligati a tenere un comportamento adeguato e non è loro consentito avere tatuaggi o piercing inopportuni». Sono esclusi, quindi, coloro che hanno il corpo coperto da «tattooes o orecchini che, per la loro sede e visibilità, siano deturpanti o lascino identificare facilmente la persona». E sopratutto «quei casi che per frequenza o raffigurazione siano indice di personalità particolare».

Hai un tatuaggio? Questo posto non fa per te, il tatuaggio è «indice di personalità abnorme». È capitato questo a un aspirante carabiniere di Genova, Andrea O., escluso da un concorso perché ha tatuati un piccolo geco sulla spalla destra e un angioletto sull’avambraccio sinistro. Lui non si è dato per vinto e ha fatto ricorso. Il Tar della Liguria gli dato ragione, smentendo l’Arma. Nessuna assimilazione si può fare tra un piccolo e inoffensivo tatuaggio e una personalità disturbata. Troppa severità, ha ravvisato il Tar, anche perché nel regolamento del bando di concorso si fa riferimento a tatuaggi deturpanti o tali da rappresentare l’indice di una personalità distorta, ma solo «se risultante da una perizia psichiatrica».
Eppure, non è la prima volta che accade. Tre anni fa una ragazza di Spezia venne scartata da un concorso per agenti di polizia per colpa di una farfalla sulla caviglia destra. Fece ricorso, naturalmente. «In queste cose ci vuole il buon senso — dice il segretario generale del sindacato autonomo di polizia, Sap —. In generale, poliziotti e carabinieri, per la loro peculiare funzione di servizio, devono passare inosservati. Segni visibili non devono esserci, in particolare su viso e mani. I tatuaggi sulle mani, per esempio, hanno spesso una simbologia per la criminalità e quindi la loro inopportunità è evidente. Detto questo io credo che per i tatuaggi su caviglie e gambe, anche se visibili, occorra maggiore tolleranza. Non soltanto per evitare una eccessiva discrezionalità delle commissioni giudicanti ma anche per tutelare le amministrazioni pubbliche da successive sentenze del Tar e del Consiglio di Stato». Ottenere infatti soddisfazione non è difficile a meno che non si abbia stampata una svastica sul collo.



Non c’è una legge che blocchi l’assunzione di una persona tatuata. Al contrario, spiega il coordinatore nazionale del dipartimento per le politiche del lavoro della Cgil, «esiste una recente direttiva europea contro ogni forma di discriminazione nei criteri per l’accesso al mondo del lavoro che vieta espressamente di escludere chiunque per motivi di credo, di opinione, di provenienza e anche di pratiche. Ovvero di scelte personali non offensive nei riguardi degli altri». Il presidente del Codacons Carlo Rienzi, che in passato ha assistito giovani esclusi da concorsi per un tatuaggio, dice che cose del genere «continuano a capitare ma sono sempre più chiaramente abusi. Persino sulla questione dell’altezza il Tar o il Consiglio di Stato tendono a dar ragione alla persona, ammettendo con riserva chi è più basso di quanto richiesto».

«Nella pubblica amministrazione si accede per concorso — interviene Michele Gentile, del dipartimento settori pubblici Cgil —. I regolamenti per i bandi sono nazionali, nessun regolamento di ente locale può infischiarsene dei parametri nazionali». Cambia la faccenda, e non di poco se dal pubblico passiamo al privato. Qui il tatuaggio fa la differenza, eccome. «Ogni azienda ha le sue politiche — dice il presidente dell’associazione direttori del personale —. Ma è chiaro che molto dipende dal ruolo, se si è esposti, se si sta a contatto con i clienti, nel commerciale per esempio, insomma se si rappresenta l’azienda, beh, l’abito fa il monaco».







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I Tatoo Con la CHINA



La china è tossica quando viene inserita sotto la cute. Se i tatuatori non utilizzano la classica china per il loro lavoro, c’è un motivo. Per non creare problemi ai loro clienti utilizzano colori atossici, i quali non possono essere acquistati da persone non addette ai lavori.

Rischi un infezione. Anche se hai sterilizzato l’ago, rimane pur sempre il rischio di infettare la cute. Pensa che queste cose possono capitare anche affidandosi a tatuatori esperti che utilizzano i migliori strumenti. Se ti dai all’arte del tatuaggio ago e china il rischio e nettamente superiore.

La dermatite è un’altra possibile controindicazione del tatuaggio fatto con ago e china. Entrambi gli strumenti che hai utilizzato possono scatenare questa reazione sulla tua pelle.

L’ago non raggiunge una profondità sufficiente per mantenere vivo il colore nel tempo. Ben presto il tuo tatuaggio tenderà a sbiadire fino a quando lo vedrai solo leggermente. Da un punto di vista estetico quindi, il tatuaggio ago e china non ha da regalarti niente.

La china è un tipo di inchiostro nero generalmente a base acquosa. Quest'inchiostro penetra profondamente nelle fibre della carta, risultando quasi indelebile. Per la facilità di produzione ed il suo costo ridotto è stato utilizzato sino all'inizio del XX secolo.

La colorazione dell’inchiostro è dovuta al suo principale componente, il gallato di ferro, ottenuto dalla reazione di un generico tannino con un sale ferroso. Quando la reazione avviene con le componenti di tannini e sale metallico nel rapporto molare di 4:1 tutto il ferro viene complessato dal tannino producendo così un inchiostro chimicamente stabile dove il gallato di ferro si comporta come un pigmento. In queste condizioni tuttavia la reazione avviene con una certa lentezza ed occorre tempo perché la reazione si svolga completamente. Quindi se l’inchiostro era usato subito dopo la sua preparazione si comportava in realtà da colorante divenendo così indelebile. Inoltre, a quelle proporzioni occorreva qualche secondo di esposizione all’aria per ottenere la completa ossidazione (e relativo annerimento) del ferro nel composto. Per questa ragione si tendeva ad aggiungere un eccesso di sale metallico che, se da una parte rendeva immediato l’annerimento dell’inchiostro, dall’altra parte rendeva instabile il composto facendogli acquistare spiccate proprietà ossidanti. Bisogna inoltre ricordare che mentre il colore dell’inchiostro si manteneva nero per periodi di svariati anni, in seguito, avvenuta l’ossidazione di tutto il ferro in eccesso del composto si verificava un viraggio di colore verso il marrone più o meno scuro. Infine si accenna al fatto che le reazioni sopra descritte, sinergicamente alle proprietà acide dell’inchiostro ferrogallico possono portare anche al deterioramento della cellulosa della carta del supporto.



Storicamente si otteneva mescolando, in varie proporzioni, un infuso di "galle", escrescenze ricche di tannini che si sviluppano su alcuni alberi (per esempio la gallozza della quercia), vetriolo verde (solfato ferroso) e gomma arabica (quest’ultima era usata come addensante per mantenere in sospensione il gallato di ferro).

Esistono cenni dell'utilizzo della china fin dall’età romana. Nel papiro di Leida e nel papiro di Stoccolma sono conservate le più antiche ricette greche per la sua preparazione. Nel Medio Evo ebbe una grande diffusione anche se la prima ricetta latina nota è contenuta nel trattato di Teofilo. Il suo uso in Occidente fu quasi universale e infatti esistono moltissime ricette a partire dal XV secolo. L’inchiostro ferrogallico è stato utilizzato per la scrittura di un'enorme quantità di documenti manoscritti. Nella sua formulazione a base acquosa è stato usato anche per la stampa di xilografie.
Con l’introduzione della stampa tipografica si ebbero problemi di applicazione in quanto, essendo a base acquosa, non si depositava uniformemente sulle matrici metalliche. Johannes Gutenberg dovette quindi ricorrerere all’uso di oli che inizialmente erano addizionati alla china.

Le sue proprietà di relativa indelebilità lo resero di uso universale anche come “inchiostro di sicurezza” a causa della oggettiva difficoltà di eliminarlo totalmente dal supporto scrittorio anche tramite abrasione. La scoperta del potere sbiancante del cloro nel XVIII secolo permise di intervenire (seppure solo temporaneamente) sugli inchiostri ferrogallici che diventavano trasparenti a causa dell’azione riducente sul ferro del composto.

Per ovviare a quest’inconveniente la ditta Lehonardi mise a punto una formulazione per un inchiostro di sicurezza che accoppiava le proprietà del gallato di ferro a quelle di coloranti attivi in ambiente acido.
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TATUAGGI SACRI



I tatuaggi con immagini e icone di una particolare religione sono molto popolari tra coloro che hanno un credo profondo verso la propria fede. Anche se per alcuni il tatuarsi immagini religiose è considerato di cattivo gusto, per altri è considerato un simbolo di forza.

I tatuaggi religiosi a tema cristiano utilizzano in genere i temi più famosi, le iconografie più popolari della religione di Cristo. Oltre a Gesù non è raro vedere tatuati sui petti madonne, croci, santi e altri simboli religiosi molto popolari. Si tratta di tatuaggi che sono in genere dimostrazione di una fede popolare e accesa, una passione che brucia come un amore senza fine.

Particolare è il rapporto tra la religione cristiana ed il tatuaggio: inizialmente esso costituiva per i primi fedeli perseguitati un simbolo religioso e l’espressione di una fede osteggiata. Il tatuaggio che li rappresentava di più era il pesce, simbolo di salvezza in Cristo. I tatuaggi vennero usati da allora nell’Europa cristiana, fino al 787 d.C., quando Papa Adriano ne proibì l’uso. Dobbiamo aspettare qualche secolo, con l’avvio delle grandi esplorazioni geografiche, per vedere un ritorno nell’Europa cristiana dell’uso del tatuaggio.



I tatuaggi religiosi più comuni da vedere sono le croci e raffigurazioni del volto di Cristo.
In assoluto il più scelto è il tatuaggio della croce latina, simbolo della morte e della resurrezione di Gesù Cristo. Il design della croce ha molti vantaggi. In primo luogo è socialmente riconosciuto ed accettato in molti luoghi. Graficamente la croce può facilmente essere scalata in qualsiasi dimensione, e trovare posto in molte parti del corpo. Può essere poi combinata con altri elementi, come fiori, animali o scritte.

Molto diffusa è anche la croce celtica, composta da una croce latina, con tutt’attorno dei nodi celtici che avvolgono la croce. I nodi celtici sono costruiti in modo da sembrare senza un inizio ed una fine. E’ perciò un potente simbolo dell’eternità della vita umana, ed il nodo è il simbolo tra il mondo fisico e spirituale.

Esiste poi la croce di sant’Andrea, molto simile alla lettera “X”. Leggenda vuole che sant’Andrea condannato al supplizio della croce, avesse chiesto d’essere appeso a una croce particolare fatta ad X e che evoca, nella sua stessa forma, l’iniziale greca del nome di Cristo.

Fra i tatuaggi religiosi, molto popolare è anche l’immagine di Gesù Cristo. Molto spesso Gesù è raffigurato sulla croce. Altri tatuaggi raffigurano di Gesù un primo piano del suo viso, con una corona di spine o un alone.

Un’altra immagine molto diffusa è quella della crocifissione di Cristo descritta nella Bibbia.






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domenica 27 settembre 2015

L'Inchiostro dei TATOO



Le normative di quasi tutti i paese si stanno uniformando, ma attenzione ai colori e agli inchiostri contenti elementi quali piombo, litio e rame.

Il piombo è il più pericoloso di tutti e può provocare anche danni neurologici, oltre a compromettere il sistema renale.

Gli stessi disturbi, sia pure in maniera più lieve, li provoca anche il litio.

Mentre gli effetti collaterali del rame sono irritazione e problemi alle vie respiratorie.

La normativa vigente impone di elencare gli ingredienti sull’etichetta. Il punto è che spesso non vengono, per motivi di brevetto, riportate le quantità.

E, come dicevano gli antichi: “E’ la dose che fa il veleno”. Va detto che, generalmente, si usano inchiostri e miscele che siano quanto più anallergiche possibili.

Molti tatuaggi di tipo permanente contengono delle concentrazioni, a volte anche massicce, di nichel e cromo, due sostanze che sono in grado di scatenare reazioni allergiche anche molto violente.
I due metalli servono a dare il rosso e il verde.

Per il blu si usa il Cobalto, un altro elemento pesante e che proprio atossico non è. Per ottenere altri colori si usano elementi quali il cadmio e lo zinco.

Per quanto riguarda il colore nero, sfruttiamo l’occasione per dire che nei tatuaggi, per ottenere il nero, NON si usa la china. Questa della china è una leggenda che va sfatata.

Agli animi più sensibili va detto però che per il nero, in qualche caso, si usano ossa incenerite di animali.
In molte altre tinte è presente invece la glicerina. Attenzione al rosso, che spesso contiene anche mercurio.

Discorso diverso, ma non meno complesso, va fatto per gli inchiostri di tipo vegetale.

Il veicolo ha la funzione di distribuire in modo uniforme il pigmento in una matrice fluida, di prevenire l’insorgere di sostanze patogene, di prevenire l’agglomerazione dei pigmenti e di favorire l’applicazione sulla pelle. I veicoli maggiormente utilizzati sono: alcol etilico, acqua purificata, amamelide di origine vegetale, listerina, glicole propilenico e glicerina. A volte sono usati alcol denaturato, altri alcol quali il metanolo, antigelo e formaldeide sostanze tutte da sconsigliare in quanto tossiche.

I pigmenti che vengono messi in ciascun inchiostro servono per conferire il colore desiderato;  alcuni pigmenti hanno origine naturale e in questo caso sono ottenuti per trattamento di particolari minerali, ma nella generalità dei casi vengono ottenuti sinteticamente. I metodi di sintesi sono i più svariati e utilizzano processi a umido e/o a secco e includono fasi intermedie come dissoluzioni, reazioni più o meno complesse, precipitazioni, filtrazioni, lavaggi, essiccamenti, calcinazioni ecc.
In mancanza di trasparenza anche in relazione ai pigmenti usati da parte dei produttori, sono stati condotti studi con l’ausilio di varie tecnologie per conoscere quali fossero gli elementi maggiormente presenti che sono risultati essere alluminio, titanio, ossigeno e carbonio.



Le reazioni allergiche ai pigmenti contenuti nei colori sono rare, eccetto per alcuni tipi di rossi (cinabro, composto del mercurio) e verdi. La pelle di persone allergiche ad alcuni metalli può reagire ai pigmenti gonfiandosi, con prurito e con la fuoriuscita di pus. Tali reazioni appaiono di rado, tuttavia è consigliabile eseguire un test apposito prima di sottoporsi al tatuaggio. La reazione allergica più grave, anche se rara, è lo shock anafilattico nei soggetti ipersensibili.

Vi sono anche rari casi di rigetto dell'inchiostro, con conseguente danneggiamento estetico permanente della zona interessata, sarebbe quindi buona norma sottoporsi a test specifici prima di tatuarsi, almeno per la prima volta.

Si è registrata una anomala associazione con le reazioni allergiche che possono nascondere melanomi". L'allerta arriva dall'Fda (Food and Drug Admninistration): "Ferirsi in prossimità della parte del corpo tatuata può provocare la dispersione degli inchiostri nel corpo". La raccomandazione: "Rispettare sempre le norme igieniche". Ma non sempre può bastare...

Rispettare tutte le norme igieniche in locali sempre attrezzati nel modo giusto e perfettamente puliti può non essere sufficiente in alcuni casi. Almeno secondo la Fda americana che con il suo allarme, arrivato negli scorsi giorni, sta creando qualche preoccupazione tra i tanti appassionati di tattoo. Secondo recenti studi, effettuati analizzando gli inchiostri impiegati dai tatuatori, sembrerebbe plausibile ipotizzare l’esistenza (finora sottovalutata) di gravi rischi per la salute.

La presenza di sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene in alcuni inchiostri, usati molto spesso anche negli studi professionali. Un esempio è il Benzoapirene, contenuta, sostiene la Fda, in alcuni inchiostri di colore nero utilizzati per i tatuaggi. Il Benzoapirene favorirebbe l'insorgere di tumori alla pelle. E non è tutto: la Fda ritiene possibile la dispersione degli inchiostri all’interno del corpo umano in caso di lesioni in prossimità dei tatuaggi oppure alla modificazione subita dagli inchiostri in caso di esposizione al sole.





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martedì 22 settembre 2015

I tatuaggi Degli Antichi EGIZI



Gli antichi Egizi, e soprattutto le élite, dedicavano una grande quantità di tempo e di energia per l'ornamento e la modificazione del corpo. I tipi di ornamenti e le modifiche indossate da un individuo rappresentavano moltissimo il livello sociale al quale apparteneva, la ricchezza e i ruoli sociali o politici. Poiché gli Egizi hanno lasciato una grande mole di opere d'arte, monili, sculture, materiali funerari e mummie, sappiamo di come trattassero i loro corpi pur di abbellirli , mummie egizie antiche riportano informazioni sulle molte pratiche che gli egizi usavano per modificare i loro corpi come il trucco, l'henné, le parrucche e le acconciature, i gioielli, la scarificazione e il tatuaggio punitivo (marchio), per passare poi alla circoncisione che segnava lo stato sociale e il passaggio all'età adulta per i ragazzi maschi (poi passò alla cultura ebraica collegandola a una falsa richiesta di un ipotetico dio).

Gli egiziani usavano il trucco fin da età precoce, ne attestano la veridicità prove che ci giungono da 6000 anni fa: gli oli usati per ammorbidire la pelle e i capelli, l'henné e altri materiali naturali per colorare vennero usati per tingere i capelli, le unghie, il viso e il corpo, profumi di piante come la rosa o la menta piperita vennero usate per profumare i capelli e il corpo, minerali come l'ocra e la malachite venivano macinati finemente per creare il trucco per viso e occhi. Sia uomini che donne si annerivano gli occhi con il Kohl (che poi diede il nome all'alcol ovvero medicina di dio o medicina di Allah).

Il tatuaggio pare fosse utilizzato soprattutto dalle donne; sia come pratica decorativa che come occasione rituale. I ritrovamenti di mummie tatuate fanno pensare che l’origine del tatuaggio sia merito dei Nubiani; mummie di donne tatuate risalgono fino a 4000 anni fa, come la sacerdotessa Amunet, sul cui corpo erano presenti linee di punti e un disegno ovale sull’addome, simbolo di fertilità.
Così, dai tempi più antichi fino ai giorni nostri, è ancora molto palpabile tutto il fascino verso i simboli del popolo egiziano: faraoni, croci, scarabei, sono tra i tatuaggi più diffusi tra chi cerca un disegno ricco di significato per decorare il proprio corpo. Non c’è alcun dubbio che per gli egiziani i simboli fossero parte integrante della vita di tutti i giorni: indossati come amuleti da vivi, diventavano compagni di viaggio per l’aldilà come rito funerario.
Tra i tatuaggi egiziani, tra i più diffusi c’è il simbolo della vita, l’ankh, a forma di T con al centro un cappio ovoidale. Nell’antichità il simbolo indicava la vita eterna; ora è tra i disegni più presenti su chi ama i tatuaggi, sia per la sua forma particolare perfetta in ogni zona del corpo, soprattutto dietro al collo, che per il suo significato.



Agli egiziani dobbiamo anche il bellissimo simbolo del fiore di loto, per loro simbolo di stabilità e di durata, capace di attirare il bene e di allontanare il male. Così com’è raffigurato per gli antichi egizi è assolutamente perfetto per un tatuaggio originale, essendo diffuso soprattutto nella sua forma realistica.
Non ha bisogno di presentazioni l‘occhio del dio falco Horus, divinità del cielo, simbolo di integrità e di protezione fisica.
Un altro simbolo egiziano, poco diffuso, è l’anello shenu.
Anche questo era ritenuto simbolo dell’eternità ed è caratterizzato da una forma circolare dove al suo interno erano raccolti i nomi dei faraoni.
Tra i simboli più belli dell’antico Egitto ricordiamo anche il nodo di Iside, una croce che assicurava protezione a vivi e morti.
Molti anche i simboli egiziani raffiguranti animali, come lo scarabeo, oggetto di culto per il popolo egizio, e il bennu, uccello favoloso paragonato alla Fenice e simbolo divino.

Egittologi del British Museum hanno esaminato una serie di antiche mummie e scoperto alcuni segreti inaspettati che sono stati letteralmente tenuti sotto chiave fino ad ora. Otto antiche mummie d’Egitto sottoposte a TAC negli ospedali di Londra, ha permesso agli scienziati di scoprire anche il nome di un uomo tatuato all’interno coscia di una mummia femminile risalente a 1.300 anni fa.

John Taylor, capo curatore dell’antico Egitto e Sudan dipartimento del British Museum, intervistato dal Daily Mail, ha detto: «Le otto mummie in mostra al British Museum, rivelano il lato umano delle mummie del Nilo. Vogliamo promuovere l’idea che queste mummie non sono oggetti ma veri esseri umani. Vogliamo cogliere l’umanità di queste persone». Daniel Antoine curatore della mostra ha detto: «Il corpo conservato di un’antica donna sudanese di età compresa tra i 20 e i 35 anni, che si pensa sia morta intorno al 700 dC, è stata trovata in Sudan nel 2005, ha rivelato un dettaglio inaspettato, un simbolo tatuato sulla pelle della sua coscia destra.

Il tatuaggio visibile chiaramente tramite la riflettografia infrarossa è un monogramma che definisce gli antichi caratteri greci MIXAHA, che si traduce come Michael. E’ un simbolo religioso che rappresenta l’Arcangelo Michele, patrono del Sudan medievale.

La figura nel Nuovo Testamento appare come un protettore e capo degli eserciti di Dio contro le forze del male di Satana, questo simbolo di protezione è stato in precedenza trovato nelle chiese antiche e su tavole di pietra, ma mai prima d’ora nella forma di un tatuaggio. Lei è la prima prova di un tatuaggio di questo periodo. Si tratta di un ritrovamento molto raro“.







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MEHNDI



L'origine del tatuaggio all'henné risale alle origini dell'umanità, infatti le popolazioni dell'area sahariana lo utilizzavano come pianta medicinale e per tatuaggi in occasione di feste e eventi sacri, fu utilizzato in Mesopotamia, poi dagli Ebrei e dagli Egiziani. Si è scoperto che i capelli della mummia di Ramesse II erano stati tinti con l'henné. Alcuni testi assiri del VII secolo a.C. descrivono i preparativi di matrimonio di una giovane donna dalle palme delle mani e unghie colorate con l'henné. In Cina le donne dipingevano fiori sulle unghie. In Vietnam le donne si smaltavano i denti di nero, e l'henné addizionato con additivi annerenti offriva loro una tintura economica. Poi l'henné conquistò l'India nel XII secolo.

In India, attualmente, si sono diffusi degli stili di mehndi più alla moda, con glitter, gemme e paste colorate.

Inizialmente riservata a re e sacerdoti del mondo antico la pratica del tatuaggio con l'Henné raggiunse molti popoli in età romana per poi essere condannata dalla chiesa cattolica come pratica pagana se non addirittura considerata demoniaca.

L'henné presenta proprietà terapeutiche lenitive e antinfiammatorie conosciute fin dai primi secoli oltre a dare la caratteristica colorazione bruna che tutti conoscono. Ancora oggi le donne di molti paesi medio-orientali utilizzano i tatuaggi su mani e piedi quali strumento di bellezza e seduzione per i rispettivi fidanzati e mariti.

Mehndi, è un termine indiano per indicare un tatuaggio temporaneo eseguito con henné naturale rosso, dipinto su mani e piedi. Viene usato in oriente e nell'Africa Mediterranea per la decorazione di mani e piedi per il rito nuziale, benaugurante e di protezione. I motivi sono di buon auspicio per la persona che li indossa e il rito del disegno del mehndi coinvolge le donne di tutta la famiglia e/o tribù.

Il mehndi non è permanente e ha una durata variabile da due settimane ad un mese, non è affatto doloroso e lascia sulla pelle un piacevole aroma che si attenua nei primi giorni.




In India, queste decorazioni si chiamano Mehndi e la loro tradizione risulta ininterrotta a partire dalle dame e divinità ritratte negli affreschi delle grotte di Ajanta, datati attorno al 400 d.C., fino ai giorni nostri.

La tradizione vuole che sia applicato in particolare la giornata prima del matrimonio durante la cerimonia del mehndi che è parte integrante delle nozze, qualunque sia l'appartenenza religiosa della sposa: si tratta di una specie di addio al nubilato - oggi nell'India urbana un vero e proprio party - celebrato in compagnia di tutte le amiche e parenti della fidanzata che, mentre i disegni vengono creati su mani, braccia, piedi e gambe, cantano canzoni tradizionali o ballano coreografie imitate dalle hits hollywoodiane; ma qualunque celebrazione o festa è un buon motivo per ornarsi col Mehndi, in India. Una volta asciutta la pasta, lo stencyl viene rimosso, così come i residui di hennè secco, lasciando sul corpo un intricato disegno che però poco avrà in comune con la sofisticatissima arte a mano libera dei professionisti locali.

Si crede che più scura risulterà la tinta ottenuta durante la cerimonia del Mehendi, più profondo sarà l'amore che legherà gli sposi; ma, secondo altre versioni più maligne, ciò rivelerebbe invece il sollievo della madre della sposa per essersi finalmente liberata della figliuola...  A volte, tra gli arabeschi nuziali vengono inserite anche le iniziali del fidanzato: sfidarlo a trovarle sarà un buon modo per rompere il ghiaccio dopo la cerimonia nuziale, fra sposi che ancora a volte mai hanno avuto occasione prima di rimanere da soli. Ma anche in questo innocente gioco si cela una trappola della tradizione: si dice che, se il novello sposo non riuscirà a trovarle, non sarà certo lui a portare i pantaloni in casa.

Le ballerine di BharataNatyam, danza classica indiana, dipingono con l'hennè ampi cerchi sui palmi di mani e sui piedi, oltre a ricoprire l'intera prima falange di tutte le dita. Mentre il disegno applicato sulla pelle sbiadisce in pochi giorni, variabili a seconda della frequenza e l'intensità dei lavaggi a cui è sottoposto, oltre che a seconda della composizione della pasta di hennè - il succo di limone aiuta la persistenza e l'intensità della colorazione - è bene ricordare che sulle unghie, così come sui capelli, la tinta viene invece assorbita in maniera quasi indelebile e dunque del tutto eliminabile solo con la ricrescita.
Oggi i disegni tradizionali vengono arricchiti con l'aggiunta di polveri iridescenti o brillanti, o con la tecnica chiamata zardosi - dal nome di un classico tipo di ricamo -  e che prevede che il profilo dei disegni venga effettuato prima con l'hennè nero e che in un secondo tempo questi vengano rimpiti con quello classico rosso. Ma sono prodotti che, se non di provenienza certa, possono causare pesanti allergie e conseguenze dermatologiche.

Il tatuaggio dura da due a quattro settimane, sbiadendo lentamente. Una volta finita l’applicazione bisogna aspettare almeno un paio di ore affinchè si secchi e dopo la rimozione è meglio evitare di lavarsi con il sapone fino al giorno dopo, per permettere al disegno di fissarsi sulla pelle. Il colore del disegno è arancione appena finito e diventa più scuro nei giorni successivi.

La realizzazione richiede esperienza e buona manualità. La pasta si prepara miscelando in una ciotola metallica o di vetro, polvere di henné naturale con acqua, fino a ottenere un composto della consistenza del dentifricio. Si deve lasciare riposare la pasta per almeno 12 ore. Aggiungere zucchero e succo di limone favorisce maggior presa e fissaggio del colore, soprattutto in climi freddi e secchi. Per tracciare il disegno si usano dei coni di plastica che si riempiono con la pasta. Più piccola la fessura, più delicato può essere il disegno. In India ci sono in commercio dei coni di pasta all’henné già pronti che hanno quasi del tutto sostituito la preparazione della miscela.
Esistono infiniti modelli di disegni. In India quasi nulla è privo di valore simbolico, così molti dei motivi hanno un significato preciso, anche se la maggior parte delle volte la scelta del tatuaggio è puramente estetica. Un motivo a scacchiera indica il gioco delle possibilità ed è riccorrente sulle mani delle neo spose, appena entrate in una nuova fase della loro esistenza. Il pavone simboleggia la bellezza, mentre il cigno il successo. Gli uccelli in generale sono visti con gli intermediari tra la terra e il cielo. Libellule e farfalle sono simboli di rinascita e cambiamento. Petali e fiori stanno per felicità e gioia, invece foglie e rampicanti rappresentano devozione e vitalità e sono simboli adatti per i tatuaggi da matrimonio. Disegni di occhi hanno la funzione di respingere il malocchio. I motivi a cachemire, oltre a essere decorativamente molto belli,  rappresentano fertilità e buona fortuna.

Il vantaggio del mehndi è la sua impermanenza, potete scegliere di volta in volta tatuaggi diversi, sperimentare combinazioni di motivi decorativi o seguire simbologie che si prestano alla vostra situazione del momento. Pazientate prima di eliminare l’henné secco dalla pelle, così che il colore possa raggiungere la massima intensità. C’è un proverbio che dice: “Più scuro è il mehindi, maggiormente vostra suocera vi amerà”. Forse non è così fondamentale in Italia, ma in India spesso la neo sposa va a stare dagli suoceri, una buona relazione con la mamma del marito è non solo indispensabile per vivere serenamente ma anche un’efficace strategia per conquistare il cuore dello sposo.

L'henné è pericoloso in caso si sia malati di favismo od in caso di specifica allergia al prodotto. Ai riguardi della seconda eventualità, di non immediata individuazione, è consigliabile effettuare una rudimentale prova di allergia applicando una piccola quantità di sostanza su una porzione di pelle non in vista prima di passare a realizzare il tatuaggio vero e proprio.

Va sottolineato che l'hennè puro è di una tonalità marrone o rosso arancio secondo la concentrazione e il tempo di posa, ma ai fini della modificazione del colore e per migliorarne il fissaggio nel prodotto commerciale o nell'impasto preparato dal tatuatore possono essere presenti additivi chimici come il para-fenilendiammina (Ppd), che può provocare allergie ritardate con comparsa circa 15 giorni dopo il tatuaggio di un eczema che riproduce il motivo del disegno tracciato con l'henné. Più grave, questa allergia può condurre a lungo termine ad una super sensibilizzazione a vita, disagevole perché il Ppd si trova in numerosi coloranti, o ancor peggio provocare danni al fegato.



LEGGI ANCHE : http://cipiri16.blogspot.it/2010/04/tatuaggio-con-lhenne.html







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lunedì 21 settembre 2015

TATOO e RELIGIONE



Nell'Antico Testamento, agli israeliti usciti d'Egitto, Dio aveva proibito di praticare incisioni sul corpo e tatuaggi: "Non vi farete incisioni nella carne per un morto, né vi farete dei tatuaggi addosso. Io sono il Signore" (Lev. 19:28). Ai sacerdoti ebrei era vietato farsi "incisioni nella carne" (Lev. 21:5) ed a tutti gli Ebrei veniva altresì ricordato: "Voi siete figli per il Signore vostro Dio; non vi fate incisioni addosso e non vi radete tra gli occhi per un morto" (Deut. 14:1).

Gli Israeliti venivano dall’Egitto, dove la pratica di farsi tagli sul volto, sulle braccia e sulle gambe nel periodo del lutto era comune tra i pagani ed era considerato un segno di rispetto per il morto, ma anche una specie di offerta propiziatoria verso le deità che governavano la morte e la tomba. Altra pratica diffusa nel paese che li aveva resi schiavi, era quella dei tatuaggi rappresentati con figure, fiori, foglie, stelle o altri disegni su varie parti del corpo. Erano realizzati con dei ferri infuocati, talvolta con inchiostro o pittura.

È probabilmente associato secondo Levitico 19:29, al costume di adottare tali segni in onore di qualche idolo, così si spiega chiaramente la proibizione. Perciò, venivano saggiamente vietati perché erano segni di apostasia e inoltre erano indelebili.



Il termine tatuaggio deriva dal taitiano "tatu", che significa "segnare qualcosa". I tatuaggi sono stati praticati, nelle diverse civiltà, per scopi differenti: in alcuni casi, soprattutto in estremo oriente, erano legati a riti religiosi o all'appartenenza ad un determinato clan per indicare maturità e coraggio; i greci usavano i tatuaggi per comunicare nel mondo dello spionaggio; i romani li usavano per segnare criminali e schiavi.

Nella Scrittura i due divieti citati, relativi alla proibizione di deturpare il corpo, erano giustificati perché ritenuti come un'offesa verso il Signore, il Creatore, ed erano considerati come atti di violenza a danno del corpo umano creato da Dio.

Incidersi il corpo era soprattutto una manifestazione violenta del dolore per la perdita dei propri cari, mentre i tatuaggi avevano una funzione di carattere superstizioso e re­ligioso, come dimostrazione di dedizione alla deità. Servivano come segno di riconoscimento di persone devote ad un determinato idolo. Per questa ragione la legge del Signore vietava incisioni e tatuaggi.







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venerdì 18 settembre 2015

TATOO e Carcerati



Mentre l'atto di fare un tatuaggio è da sempre stato vietato nelle prigioni americane e nella maggior parte delle carceri occidentali, le prigioni sono state storicamente un importante luogo di condivisione e proseguo artistico per i tatuatori dilettanti che cercavano di sbarcare il lunario in cella facendo ad altri dei tatuaggi in cambio di sigarette, droghe o altre cose utili (a volte anche sesso). Il tatuaggio punitivo è stato usato in Occidente fin dai tempi dei Persiani: i Persiani, i Traci, gli antichi Greci fino agli antichi romani avevano tutti l'usanza di segnare schiavi e prigionieri che cercavano di scappare con segni tatuati, anche se a volte si trattava più di vere e proprie marchiature a fuoco,  che denotava la natura del loro reato, o talvolta la punizione, come quella di andare nelle miniere in maniera tale che se fosse scappato ancora una volta ripreso sarebbe stato direttamente deportato nel luogo di destinazione senza perdere ulteriormente tempo davanti a un giudice o un magistrato.

Le parti maggiormente usate per incidere o segnare la pelle dello schiavo o del prigioniero erano di solito il viso, il collo e le mani così da essere sempre visibili agli altri.

Nonostante i tatuaggi o i segni di punizione venissero usati, al tempo dei primi cristiani i primi credenti cominciarono a segnarsi il corpo con simboli specifici che li facevano pendere per la nuova religione senza alcun timore di smentita, infatti a quel tempo il simbolo della cristianità era un pesce stilizzato non la croce che invece venne acquisita al tempo (almeno quella che conosciamo noi oggi nel cattolicesimo) dell'arrivo dei primi preti nella terra d'Irlanda dove era già presente una croce come simbolo di spiritualità e religione. Si pensa che la prima croce usata da alcuni cristiani di derivazione ebrea fosse una T chiamata Tau ovvero riferita alla fine delle tribolazioni spirituali, al fatto che quando uno credeva veramente in dio allora ogni problema scompariva e anche se fosse stato ucciso la sua fine sarebbe stata un nuovo inizio nel paradiso di Dio.

A volte un condannato faceva rielaborare il suo tatuaggio punitivo per cancellare il segno originale, coprendolo con qualcosa d'altro, ma altre volte, i prigionieri creavano i propri tatuaggi per dimostrare l'affiliazione a un gruppo o orgoglio verso il loro crimine o la posizione sociale. In Occidente, oggi come un  tempo, i tatuaggi che si creavano e creavano in carcere, a causa della tecnologia utilizzata per creare i disegni che è molto primitiva visto che ci si deve arrangiare con quello che si reperisce (spesso pagando), lo stile in cui vengono fatti e le immagini ritratte, possono essere facilmente distinti dai tatuaggi fatti in maniera professionale.



Il metodo più primitivo per tatuare è noto come "puntura a mano" dove il soggetto usa un ago da cucire avvolto in filo di cotone fino nelle vicinanze della punta che poi viene intinto nell'inchiostro e usato pungendo la parte da tatuare ma crea segni distintivamente imperfetti poiché non si usano guide e l'ago penetra a differenti profondità nella epidermide per questo si rischiano anche infezioni.

Questi tatuaggi solitamente hanno un aspetto più primitivo dei tatuaggi realizzati con una macchina, perché una linea continua è difficile da ottenere con questo sistema: rappresenta il sistema più infamato della categoria tatuaggi poiché anche i drogati la usano, spesso usando le punte delle siringhe usate per la droga. Solitamente i tatuaggi di questo tipo sono quelli che si fanno per strada e li si può trovare principalmente tra i chicanos (fuorilegge messicani), membri di una banda e motociclisti ma solo di vecchia scuola. Una volta, si parla degli anni che vanno dal 1940 fino ad arrivare al 1980, i motociclisti e gli appartenenti delle bande di quartiere di immigrati spesso clandestini in America si auto tatuavano, solitamente usando una mano per segnarsi sull'avambraccio dell'altro libero che avevano, per dimostrare di appartenere alla banda, per far vedere che si sopporta il dolore (poiché era autoinflitto): questo però spesso significava anche che la persona non aveva i soldi per pagare un professionista per farsi fare il tatuaggio mentre ai giorni nostri anche chi appartiene a delle bande spesso i soldi li ha perché si approvvigiona con spaccio di droga o armi, oppure li ruba.
Il tatuaggio da prigione viene vista anche come maniera di passare il tempo durante la lunga detenzione ecco perché chi è stato dentro parecchio di solito è pieno di tatuaggi.

I tatuaggi dei carcerati sono sempre stati una forma di comunicazione per i detenuti e un potente strumento di autoespressione.

Questi tatuaggi trasmettono significato in una forma immediatamente riconoscibile e il potere che possono avere è enorme.

Si consideri la reverenza e il potere esercitato da simboli quali la bandiera americana, la stella di David o la croce cristiana.

I tatuaggi dei carcerati sono messaggi facilmente “leggibili” da altri detenuti e dicono molto della persona che li porta, come l’appartenenza ad una particolare banda, le credenze spirituali e i valori personali.

I tatuaggi dei carcerati possono avere significati diversi e possono variare in base la cultura della persona. Alcuni di essi simboleggiano la durezza o il rifiuto verso ogni autorità. Altri possono trasmettere connotazioni negative ed evocare sentimenti razzisti, di odio o di rabbia o ancora, suscitare paure ed insicurezze.

Alcuni di questi tatuaggi possono anche indicare quanto tempo la persona è stata detenuta.

Uno dei tatuaggi dei carcerati più comuni è la lacrima sotto l’occhio. La lacrima può significare che la persona abbia scontato una lunga pena detentiva, abbia commesso un omicidio o, in alternativa, che abbia assistito all’uccisione di un caro amico ed è in cerca di vendetta.

L’orologio senza lancette rappresenta il tempo che non passa mai. Può anche simboleggiare l’irrilevanza del tempo per chi deve scontare un ergastolo.

I numeri vengono tatuati per indicare l’appartenenza ad una determinata banda oppure possono rappresentare la stringa identificativa del detenuto.

Spesso viene tatuato il numero 13 che simboleggia la lettera M. La lettera M è la tredicesima lettera dell’alfabeto e viene tatuata per fare riferimento alla marijuana.

Il tatuaggio dei tre punti viene spesso eseguito sulla mano o sotto l’occhio e rappresenta la vita pazza e senza regole del carcerato. Questo tatuaggio, molto famoso tra i detenuti ispanici, può anche avere un significato religioso, come ad esempio alludere alla santa trinità.

Il tatuaggio dei cinque punti è invece identificativo del tempo trascorso in carcere. I quattro punti esterni simboleggiano le mura della prigione, mentre il punto interno rappresenta il detenuto. Questo tattoo è più comunemente eseguito tra il pollice e l’indice ed è ricorrente non solo tra i carcerati europei, ma anche tra quelli americani.



Il tatuaggio MS13 identifica Mara Salvatrucha, ossia un’organizzazione di bande criminali associate e nota per la sua crudeltà e violenza. La MS13 è nata a Los Angeles e opera negli Stati Uniti, in Messico e in Canada.

I membri della MS13 si distinguono per i tatuaggi che hanno sul corpo e sul volto, ma anche per l’uso di uno specifico linguaggio dei segni.

Questo tatuaggio può essere per molti detenuti espressione di ammirazione per l’intera organizzazione.

In generale, le persone che scelgono di eseguire uno di questi tatuaggi, anche se non sono mai stati detenuti, vogliono alludere ad uno stile di vita difficile e senza prospettive di cambiamento. Altri invece li scelgono esclusivamente per la loro bellezza.

Un rosario, vida loca, pistole e proiettili, freedom, nomi di donne e di nonne, kiss my love, pochi numeri e quei pochi usati come confessione: per esempio un 90 impresso sulla spalla, e nella smorfia il 90 simboleggia la paura. Tacite regole in prigione: parlar poco, semmai esibire. Così i muscoli vanno gonfiati e il corpo coltivato perché racconti. Luci basse nel bel teatro scelto per location, il tecnico di studio, un sudamericano naturalmente palestrato, concentrato e rigoroso, collega spine e srotola fili e sposta luci obbedendo al fotografo fin quando quest’angolo di prigione è pronto. I detenuti si spogliano, i detenuti svelano. .

Nel mondo criminale i tatuaggi sono di due tipi: quelli che appunto descrivono un fatto biografico, qualcosa che è accaduto a te, al tuo uomo, alla tua donna, ai tuoi figli; e poi ci sono i segni dalla doppia strumentalità, la prima convogliata all’interno per sancire un legame di appartenenza/solidarietà,la seconda volta invece all’esterno per comunicare agli altri. Comunicare cosa? Fuck the police ripete un detenuto quasi fosse un ritornello rap. Lui giura che il tatuaggio-insulto, fatto a diciott’anni, se l’era promesso da bambino. «Mio papà era un pregiudicato. Lo uccisero in un agguato. Ricordo gli agenti, salirono in casa. C’eravamo io e mia mamma. Guardarono lei, annunciarono il cadavere riempito di spari. E dissero: “Signora condoglianze, ma sappia che per noi è semplicemente uno in meno. Si voltarono e se ne andarono”». La furia della strada, le derive della malavita, il linguaggio della violenza.

Ma alla lunga la rabbia s’indebolisce, viene schiacciata. Entra nel tempo dei nuovi simboli da tatuare: velieri, farfalle. Indicano libertà, speranza di vita buona. Sono in qualche modo promesse fatte a se stessi negli anni da reclusi. Un muro di disegni difficile da sgretolare: scorpioni, aquile, leoni,spade, pugnali si inseguono su toraci e schiene, si annidano in caviglie, dorsi dei piedi, polsi, dita, risalgono sulle tempie, s’inchiodano al cuore.


LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/09/il-carcere-nella-storia.html

                           http://asiamicky.blogspot.it/2015/02/tatuaggi-origini-e-tradizioni.html



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martedì 15 settembre 2015

Buona Settimana


La settimana come periodo di tempo ciclico, regolare e costante di sette giorni dipende dal calendario lunisolare, essendo l'unità cronologica minima, una singola fase lunare delle quattro principali mensili, nell'interazione fra questi due corpi celesti. Ha una valenza sacra in tutta l'area mesopotamica e del suo calendario in cui la settimana risulta una delle istituzioni più antiche. L'osservanza della domenica (il giorno di Riposo)















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