venerdì 22 gennaio 2016

IL GIROVITA......



Il grasso viscerale - noto anche come grasso addominale - è la parte di tessuto adiposo concentrata all'interno della cavità addominale e distribuita tra gli organi interni ed il tronco. Il grasso viscerale si differenzia da quello sottocutaneo - concentrato nell'ipoderma (lo strato più profondo della cute) - e da quello intramuscolare, che è invece distribuito tra le fibre dei muscoli (anche quest'ultimo sembra correlato in misura significativa all'insulino-resistenza).
L'eccesso di grasso addominale è definito dai termini "obesità centrale", "obesità addominale" ed "obesità androide". Con quest'ultimo termine si vuole sottolineare la tipica associazione del grasso viscerale con il sesso maschile ed i suoi ormoni (detti appunto androgeni). La necessità di differenziare questa forma di obesità da quella ginoide - tipica del sesso femminile e caratterizzata da accumuli adiposi concentrati nella metà inferiore dell'addome, nelle regioni glutee ed in quelle femorali - deriva dalla diversa influenza dei due fenotipi sul rischio cardiovascolare. Non si tratta quindi di una semplice differenziazione topografica, bensì di una distinzione dal grande significato fisiopatologico. Tra i due tipi di obesità, quella addominale si è chiaramente dimostrata più pericolosa, tanto da essere considerata uno dei più importanti fattori di rischio di morbidità e mortalità per malattie cardiovascolari, nonché uno dei principali fattori di rischio per il diabete di tipo II. L'esagerato accumulo di grasso centrale è inoltre associato alle complicazioni metaboliche e cardiovascolari tipiche della sindrome metabolica (ipertensione, iperlipidemia, steatosi epatica, aterosclerosi ed il diabete di tipo II).
Le evidenze epidemiologiche sulla pericolosità del grasso viscerale sono state confermate in epoca più recente, grazie alla crescente mole di studi sulla funzione endocrina del tessuto, o meglio dell'organo adiposo. Si è visto, in particolare, che il grasso addominale ha caratteristiche diverse rispetto a quello sottocutaneo, sia sotto il profilo cellulare sia sotto l'aspetto degli effetti che tali cellule espletano sull'equilibrio endocrino-metabolico dell'organismo. E' infatti dimostrato che gli adipociti bianchi del grasso viscerale sono particolarmente attivi nel rilascio di adipochine, sostanze dotate di effetti locali (paracrini), centrali e periferici (endocrini). Attraverso il rilascio diretto o indiretto di queste sostanze, il grasso viscerale controlla l'appetito ed il bilancio energetico, l'immunità, l'angiogenesi, la sensibilità all'insulina ed il metabolismo lipidico.
Una delle adipochine più conosciute, l'adiponectina, migliora la sensibilità insulinica ed è dotata di attività antinfiammatoria; i suoi livelli, a differenza di quelli di molte altre adipochine, sono più bassi nell'obeso rispetto al normopeso. Per contro, l'eccesso di grasso viscerale aumenta il rilascio di sostanze quali l'interleuchina 6 (IL-6), la resistina ed il TNF-a (citochine con attività pro-infiammatoria), il PAI-1 (effetto pro-trombotico) e l'ASP (attività stimolante sulla sintesi di trigliceridi ed inibitoria sull'ossidazione degli acidi grassi).
L'eccessivo aumento volumetrico degli adipociti, causato dal cospicuo accumulo di trigliceridi, ne determina la morte e la conseguente lisi da parte dei macrofagi, che aggrediscono i vacuoli lipidici con ulteriore aumento dello stato infiammatorio dell'organismo (salgono anche i livelli di proteina C reattiva, attualmente considerata un importante fattore di rischio cardiovascolare).
Il numero di macrofagi presenti nel tessuto adiposo è proporzionale al grado di obesità, o meglio all'ipertrofia degli adipociti tipicamente associata all'obesità. Si ha così una sorta di reazione da corpo estraneo, con conseguente infiammazione cronica che, se perpetuata nel tempo, predispone a importanti malattie metaboliche.
La riduzione nella sintesi e nel rilascio di ossido nitrico, un gas dalla potente azione vasodilatatoria, contribuisce ad elevare ulteriormente il rischio aterosclerotico. Questo gas favorisce la lipolisi ed è uno stimolo di proliferazione delle cellule adipose brune, che al contrario di quelle bianche non accumulano i lipidi ma li bruciano, vuoi per mantenere la temperatura corporea negli ambienti freddi, vuoi per sbarazzarsi degli eccessi alimentari che altererebbero l'equilibrio metabolico. La sintesi di ossido nitrico, attivo anche nell'angiogenesi e nella mitocondriogenesi locale (che probabilmente impedirebbe la morte degli adipociti per ipossia da eccessivo accumulo lipidico), è inibita dal TNF-a, un'adipochina rilasciata in grandi quantità dal tessuto adiposo bianco viscerale ipertrofico e dai macrofagi che l'aggrediscono.
La particolare collocazione anatomica del grasso viscerale fa sì che le adipochine e le altre sostanze rilasciate confluiscano direttamente nel sistema venoso portale, che le trasporta al fegato. Il ruolo metabolico di primo piano ricoperto da questa ghiandola contribuisce a spiegare la grande influenza del grasso viscerale sulla salute dell'intero organismo.
Caratteristica tipica del grasso viscerale è la maggiore sensibilità agli stimoli lipolitici, dal momento che l'azione della lipoproteina-lipasi omentale è del 50% maggiore rispetto a quella del grasso sottocutaneo. Ciò significa che in caso di dimagrimento, il primo grasso ad essere "bruciato" è proprio quello viscerale.
L'eccesso di grasso addominale è in diretto rapporto con la circonferenza della vita. In particolare, il rischio cardiovascolare diventa clinicamente rilevante quando si raggiungono i valori soglia di 102 cm di circonferenza a livello ombelicale nell'uomo e 88 cm nella donna.
Per cercare di spiegare la correlazione tra eccesso di grasso omentale e diabete di tipo II, è stato dimostrato che l'elevato flusso di acidi grassi, provenienti dagli adipociti viscerali e diretti al fegato, aumenta la produzione di VLDL (che come sappiamo possono essere successivamente trasformate nelle pericolose LDL - colesterolo cattivo, che predispongono al processo ateromatoso). Promuove inoltre la gluconeogenesi e riduce la clearance epatica dell'insulina, con conseguente aumento dei livelli di quest'ormone in circolo. Oltre agli acidi grassi provenienti dai depositi adiposi viscerali, bisogna anche e comunque tener conto dell'azione delle adipochine stesse. L'interleuchina-6, ad esempio, a livello epatico stimola la gluconeogenesi e la secrezione di trigliceridi, con iperinsulinemia compensatoria.
L'elevata presenza in circolo di acidi grassi liberi fa sì che questi nutrienti si mettano "in concorrenza" con il glucosio per l'entrata nelle cellule, in particolare in quelle muscolari. Di conseguenza si verifica un aumento della glicemia, in risposta alla quale il pancreas aumenta il rilascio di insulina. Il doppio contributo epato-pancreatico all'iperinsulinemia fa sì che nonostante gli alti valori glicemici siano presenti in circolo grandi quantità di insulina; si parla, in questi casi, di insulino-resistenza, cioè di una condizione caratterizzata dalla ridotta risposta biologica dei tessuti all'azione insulinica. Non a caso, la rimozione chirurgica del tessuto adiposo viscerale in ratti moderatamente obesi è in grado di normalizzare l'insulino-resistenza.
L'insulino-resistenza e l'iperinsulinemia sono responsabili di tutte quelle alterazioni del metabolismo del glucosio che spaziano dall'alterata glicemia a digiuno, alla ridotta tolleranza al glucosio, fino al diabete conclamato. Queste alterazioni, unitamente a quelle altrettanto negative sul metabolismo lipidico, rendono ragione del maggior rischio cardiovascolare del soggetto con obesità viscerale rispetto al normopeso.



Il fatto di accumulare il grasso solo sui fianchi corrisponde (anche in donne magre) è dovuto a una infiammazione da cibo dovuta ai cibi salati e fermentati e corrisponde spesso ad un carattere rancoroso, tipico di chi, anche senza essere vendicativo, si ricorda però fino alla fine dei secoli dei torti, piccoli o grandi che siano, subiti nel tempo.
Per usare un detto molto noto, potremmo dire “il grasso parla di te: puoi dirgli di smettere”, perché è anche vero che avendo capito come e perché il grasso sceglie alcune zone per depositarsi.
Lo stato psichico può interferire nel fatto di avere la pancia piatta o all'opposto il cosiddetto “sederone” e così pure abbiamo compreso nel tempo che l'intolleranza alimentare ai lieviti determina facilmente la tipica forma a fiaschetto, con i fianchi allargati.
L'intolleranza ai latticini determina un aumento della pancia, e spesso una diffusione del grasso su tutto il corpo e così via.
L'accumulo di grasso è sempre figlio di una alimentazione che non è in grado di regolarizzare l'insulina e i suoi picchi.
Dal punto di vista metabolico, la tipica forma a mela, con pancia prominente e grasso disposto anche in alto, sotto le ascelle e sul tronco, può trarre giovamento dall'impiego di acido lipoico, che agisce specificamente sugli effetti dannosi indotti dalla iperglicemi, interagendo in modo positivo con regolatori di segnale come l'olio di Perilla e con sostanze termogeniche come il Tè verde.

La forma a pera invece, o a fiaschetto, può giovarsi della attivazione metabolica indotta dall'acido linoleico coniugato (CLA ) un particolare olio che attiva dei recettori cellulari che a loro volta favoriscono il consumo di grasso, riportandoci in modo fisiologico al tipo di alimentazione sana del paleolitico e facilitando la perdita del grasso di troppo.

La forma mista, con deposizione del grasso sia sul giro vita sia sul bacino, la cosiddetta forma a tronchetto, può trarre beneficio, oltre che dal movimento fisico e dal controllo dell'insulina, anche dalla attivazione della adiponectina. Si tratta di una sostanza che probabilmente nell'organismo seguiva il risveglio della primavera, aiutando chi usciva dal lungo inverno a consumare tutto il grasso in eccesso e a tornare un camminatore o un cacciatore veloce, per evitargli di diventare preda. L'adiponectina può essere stimolata naturalmente anche grazie ad un potente antiossidante come l'estratto di mais rosso (ricco di C3G).

Circa 47 milioni di adulti negli Stati Uniti (circa il 15% dell’intera popolazione) presentano la sindrome metabolica ed il numero continua a crescere; il crescente numero di persone affette da questa condizione è collegato all’aumento dei tassi di obesità tra gli adulti, in futuro la sindrome potrebbe superare il fumo come il principale fattore di rischio per le patologie cardiache.

I ricercatori stanno ancora cercando di individuare cosa causi l’ insulino-resistenza. Coinvolge una varietà di fattori genetici e ambientali, si pensa infatti che  alcune persone siano geneticamente predisposte  all’ insulino-resistenza, ereditando questa tendenza dai genitori . Comunque l’ essere sovrappeso ed  inattivi sono i principali fattori.

La prevalenza della sindrome metabolica aumenta con l’età, colpendo meno del 10% delle persone nella terza decade di vita e il 40% delle persone nella settima decade di vita. Alcune ricerche  mostrano che circa uno su otto studenti presenta tre o più componenti della sindrome metabolica, un’altra ricerca ha identificato un’associazione tra la sindrome metabolica dell’infanzia  e patologie cardiovascolari dell’adulto decenni più tardi.
Gli ispanici e gli asiatici sembrano essere maggiormente a rischio di sindrome metabolica rispetto alle altre razze.
Un indice di massa corporea (BMI), una misura della percentuale di grasso corporeo  basata sull’ altezza e sul peso, superiore a 25 aumenta  il rischio di sindrome metabolica.
È molto più probabile avere la sindrome metabolica in caso di familiarità per diabete di tipo 2 o diabete durante la gravidanza (diabete gestazionale).
Anche una diagnosi di ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari o da sindrome dell’ovaio policistico, un problema metabolico che colpisce la donna ed il sistema riproduttivo, aumenta  il rischio di sindrome metabolica.

Trattare uno dei fattori di rischio della sindrome metabolica è già difficile, ma occuparsi di ognuno di essi potrebbe sembrare impossibile; tuttavia un cambiamento drastico dello stile di vita e, in alcuni casi, i farmaci possono migliorare tutti i fattori della sindrome metabolica. Fare più attività fisica, perdere peso e smettere di fumare contribuiscono a ridurre la pressione sanguigna e a migliorare i livelli di colesterolo e zucchero nel sangue. Questi cambiamenti sono fondamentali per ridurre il rischio.
I medici raccomandano di svolgere dai 30 ai 60 minuti di esercizio fisico di intensità moderata, come camminare di buon passo, ogni giorno.
Perdere anche solo dal 5 per cento al 10 per cento del peso corporeo può ridurre i livelli di insulina e la pressione sanguigna.
La dieta mediterranea, come molti regimi alimentari per mangiare sano, limita i grassi non salutari a favore di frutta, verdura, pesce e cereali integrali.
Fumare sigarette aumenta la resistenza all’insulina e peggiora le conseguenze sulla salute della sindrome metabolica. Parlate con il vostro medico se avete bisogno di aiuto per eliminare quest’ abitudine.
Se non siete in grado di raggiungere i vostri obiettivi attraverso i cambiamenti dello stile di vita, il medico può anche prescrivere farmaci per abbassare la pressione sanguigna, per controllare il colesterolo o per favorire la perdita di peso. Si possono prescrivere farmaci insulino-sensibilizzanti per aiutare il corpo a usare l’ insulina in modo più efficace e la terapia con aspirina in alcuni casi può contribuire a ridurre il rischio di infarto e ictus.

Impegnarsi in una dieta sana, mangiare molta frutta e verdura, scegliere tagli magri di carne bianca o pesce invece che carni rosse, evitare alimenti conservati o fritti in abbondante olio, eliminare il sale da tavola e sperimentare altre erbe e spezie.
Muoversi, fare molta attività fisica regolare e moderata.
Programmare regolari visite di controllo, controllare la pressione sanguigna, il colesterolo ed i livelli della glicemia a intervalli regolari. Effettuare ulteriori modifiche dello stile di vita, se i numeri stanno andando nella direzione sbagliata.




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