venerdì 1 gennaio 2016

IL PIERCING AL CAPEZZOLO



Il piercing del capezzolo è il piercing sul quale sono state costruite più leggende alle quali è stato dato spesso ampio credito, soprattutto per responsabilità di Richard Simonton, meglio conosciuto nell'ambito delle modificazioni corporee come Doug Malloy. Simonton è autore di una suggestiva "storia del piercing" (Body & Genital Piercing in Brief) che, grazie alla sua pubblicazione su ReSearch 12: Modern Primitives nel 1989, è divenuta col tempo l'unica fonte accreditata per tutte le "storie del piercing" presenti in Internet e pubblicazioni del settore. Tuttavia molte delle presunte notizie storiche presenti nel testo sono state originate dalla sua fantasia e sono state screditate soprattutto grazie alle ricerche svolte dal noto piercer Jim Ward, che ne ha appurato l'infondatezza.

Tra queste sicuramente la leggenda più celebre scaturita dalla fantasia di Simonton, riguarda il piercing al capezzolo presso i centurioni romani: secondo Doug Malloy nell'Antica Roma di epoca imperiale, presso i centurioni sarebbe stato in uso forarsi i capezzoli applicando un anello al fine di assicurarvi la tunica, come segno di virilità e coraggio. Questa affermazione non è né vera né probabile e Jim Ward stesso riferisce che Simonton la trasse vedendo alcune corazze romane sulle quali erano applicati degli anelli su cui veniva effettivamente fissata la tunica.

Raramente diffuso tra le pratiche tribali in epoche antiche, probabilmente anche a causa della difficoltà nella guarigione di questo particolare tipo di piercing, gode in tempi recenti di ampia popolarità, anche grazie alle molte celebrità che lo indossano e lo esibiscono.

Hans Peter Duerr, nel suo libro Dreamtime, racconta come nel XIV secolo, presso la corte della regina Isabella di Baviera, fosse divenuta in uso la moda femminile della "grande scollatura": le scollature degli abiti si erano abbassate tanto da scoprire l'ombelico. I seni così esposti, venivano talvolta decorati, i capezzoli venivano colorati con del rossetto, ornati con anelli tempestati di diamanti o piccoli cappucci, e talvolta forati passandovi attraverso delle catenelle d'oro.

Sembra che anche tra le signore inglesi di tarda epoca vittoriana (attorno agli anni novanta del XIX secolo) fossero divenuti di moda i cosiddetti bosom rings ("anelli da seno"). La pratica di perforazione dei capezzoli con applicazione di anelli o catenelle, avrebbe avuto lo scopo di aumentare la forma degli stessi, come rimedio contro il capezzolo introflesso, ma anche per puro scopo erotico. La pratica sarebbe stata effettuata da alcuni gioiellieri. Pare che un gioielliere di Bond Street affermasse di aver forato i capezzoli di 40 signore londinesi. Nel medesimo periodo pare la pratica fosse diffusa anche a Parigi con il nome di anneaux de sein ("anelli da seno"). Altre fonti si spingono ad affermare che tra le signore vittoriane, ad avere i capezzoli forati, ci fosse anche Lady Randolph Churchill, la madre del primo ministro britannico Winston Churchill.

Alcuni documenti di fine Ottocento attesterebbero le pratiche sopra descritte, tuttavia l'autenticità e la credibilità di tali fonti sono discusse. Tanto Hans Peter Duerr nel suo Dreamtime, quanto Stephen Kern in Anatomy and Destiny, si basano su informazioni provenienti da pubblicazioni di Eduard Fuchs, sulle quali sono stati mossi dubbi di autorevolezza e affidabilità.

Maggiormente dubbie sembrano essere poi le affermazioni apparse in un articolo tratto da un giornale medico e che attesterebbero l'uso della perforazione del capezzolo femminile anche nella Francia del Seicento, presso la corte del re Luigi XIV di Francia, così come accaduto tre secoli prima alla corte della regina Isabella di Baviera, sarebbe infatti divenuta di moda una scollatura tanto ampia da esporre i capezzoli. La moda, una volta attraversata la Manica, avrebbe trovato emuli tra le nobili inglesi che si sarebbero spinte anche a forare i capezzoli inserendovi degli anelli d'oro come ornamento.

La stessa fonte riferisce che il piercing al capezzolo sarebbe stato in uso anche nell'Africa sahariana, presso le donne delle tribù berbere cabile (abitanti la regione algerina della Cabilia). La pratica non solo non ha alcun riscontro documentale, ma risulta al quanto improbabile, visto il tipo di materiali di cui dispongono tali tribù che renderebbe assai difficoltosa la guarigione di un simile tipo di piercing. Tali pratiche si possono quindi considerare a livello di leggenda.

Completamente priva di alcuna fonte documentale è invece la voce che attribuirebbe la pratica di una forma di piercing al capezzolo alla regina Cleopatra. Alcune fonti affermano che la regina Cleopatra avrebbe avuto il capezzolo sinistro introflesso e che per guarire da questa malformazione sarebbe ricorsa ad una forma di piercing, forando il capezzolo e inserendovi uno o più sassolini. Ugualmente priva di alcun supporto documentale è la leggenda che afferma che la pratica sarebbe stata in uso presso le donne della Roma antica al fine di ingrandire e abbellire il seno.

Da diverse fotografie di donne tatuate provenienti dalla Kobel Collection, si evince come invece la pratica fosse in uso durante la prima metà del XX secolo, prima dell'avvento del moderno piercing. Ethel Granger, riconosciuta nel Guinness dei primati come la donna con la vita più stretta, dato l'utilizzo di corsetti al fine di ridurre il giro vita, durante gli anni venti e trenta, con l'aiuto del marito medico, aveva forato lobi, narici, setto e capezzoli, e successivamente aveva allargato i fori con l'inserimento di anelli di maggiore spessore. Charlotte Hoyer, una mangiatrice di spade tedesca degli anni quaranta/cinquanta, aveva svariati piercing, oltre alla lingua, aveva forati entrambi i capezzoli, le piccole e grandi labbra della vulva. Kathy, una celebre spogliarellista inglese degli anni sessanta, aveva entrambi i capezzoli forati ornati con vistosi pendenti.

Al di là della leggenda screditata, che affermava essere in uso il piercing ai capezzoli tra i centurioni romani al seguito di Cesare, la letteratura relativa a tale pratica negli uomini è molto più povera rispetto a quella che riguarda la pratica di tale piercing tra le donne.

Dati certi a tal proposito si hanno sugli uomini Karankawa, una popolazione di nativi americani estinta che abitava il golfo del Nuovo Messico, che usavano dipingersi il corpo, tatuarsi e perforare il labbro inferiore e i capezzoli con piccoli pezzi di canna.

La pratica è inoltre attestata tra i marinai del XX secolo come rito di passaggio al passare di una determinata linea (dell'equatore, dei tropici o la linea internazionale del cambio di data) e varie immagini di marinai tatuati lo confermerebbero. Era inoltre praticata dagli artisti delle fiere, i cosiddetti sideshow, fachiri e uomini tatuati. Tra di essi probabilmente il più celebre artista è Rasmus Nielsen, il cui spettacolo consisteva nel sollevare una incudine appesa ai suoi piercing ai capezzoli.

Tra gli anni sessanta e settanta, la pratica del piercing al capezzolo comincia a diffondersi tra le sottoculture BDSM e gay leather, grazie soprattutto al lavoro svolto da Doug Malloy (Richard Simonton), Mr. Sebastian (Alan Oversby), Fakir Musafar (Roland Loomis) e Jim Ward. Si deve a loro l'impegno nella diffusione della pratica del piercing, alla realizzazione della gioielleria per piercing, alla definizione di metodi e tempi di guarigione per ogni singolo piercing. Tra gli anni ottanta e novanta del XX secolo, il piercing al capezzolo si diffonde anche nelle sottoculture punk, goth e industrial. Tra i musicisti che in quegli anni indossano questo tipo di piercing troviamo Genesis P-Orridge e l'allora moglie Paula P-Orridge (Alaura O'Dell).

La popolarità in ambito underground di questa e di altre pratiche di modificazione corporea, si deve anche e soprattutto alla pubblicazione del libro ReSearch 12: Modern Primitives nel 1989. Nel volume sono presenti numerose interviste, immagini e descrizioni delle pratiche e delle procedure, e tali pratiche vengono così per la prima volta portate all'attenzione di un pubblico più vasto. Ma sarà soprattutto negli anni novanta, che la pratica prenderà a diffondersi anche in ambito mainstream, grazie a celebrità, soprattutto in ambito musicale, che lo indossano ed espongono pubblicamente o che confessano di portarlo.

In ambito pornografico il piercing al capezzolo e ai genitali, diviene un vero e proprio genere, e la pratica del piercing temporaneo (play piercing) parte dei giochi sadomasochisti. Il piercing al capezzolo, unitamente a quello del cappuccio della clitoride, diviene popolare anche tra svariate pornostar.

Anche in ambito cinematografico il piercing al capezzolo inizia a comparire in numerosi lungometraggi mainstream durante gli anni novanta. Tra questi il film Il silenzio degli innocenti (The Silence of the Lambs) del 1991, in cui il serial killer indossa un piercing al capezzolo; Pulp Fiction (1994) di Quentin Tarantino, in cui Jody (Rosanna Arquette), disquisisce a lungo della pratica del piercing e dei suoi pregi, dichiarando di avere svariati body piercing in 18 parti del corpo compreso uno nel capezzolo sinistro; il film indipendente Go Fish del 1994, dove le attrici Migdalia Melendez e Anastasia Sharp che esibiscono piercing ai capezzoli; il lungometraggio Butterfly kiss - Il bacio della farfalla del 1995, in cui la protagonista Eunice (Amanda Plummer) indossa piercing ad entrambi i capezzoli uniti da varie catene.

Negli ultimi anni la pratica, assieme ad altre forme di piercing, al tatuaggio e alla depilazione, si è definitivamente affermata come diffusa pratica di modificazione corporea mainstream. Molte sono attualmente le celebrità che esibiscono spesso piercing ai capezzoli in tutti i campi, dalla musica allo sport. Il piercing al capezzolo è stato inoltre oggetto di attenzione da parte della stampa scandalistica, perché esposto in taluni contesti popolari da parte di personaggi celebri. Il piercing al capezzolo di Janet Jackson, ad esempio ha avuto una considerevole attenzione da parte dei media durante il Super Bowl XXXVIII, quando la cantante statunitense ha scoperto il seno rivelando un nipple shield applicato ad un piercing. L'incidente è stato umoristicamente chiamato Nipplegate.


Le motivazioni che spingono a questa pratica sono principalmente di carattere erotico, più raramente estetico e di moda. Viene riportato che l'eccitazione sessuale creata dalla stimolazione dei capezzoli e dell'areola, viene aumentata dal piercing al capezzolo. Molte donne hanno notato un aumento di sensibilità ed eccitazione sessuale in seguito alla perforazione dei loro capezzoli. Come risultato dell'ondata di informazione sull'accrescimento dell'aspetto sessuale nel piercing al capezzolo, è stato riscontrato un aumento da parte di entrambi i sessi nella richiesta di questa procedura.
Il fascino di questo tipo di piercing, detto genericamente nipple, sta nel fatto che si trova in un posto nascosto, da far vedere solamente “in occasioni speciali” e ovviamente non a tutti, ma solo a chi desideriamo noi.

È un procedimento molto diffuso, piuttosto facile da eseguire se, effettuato unicamente da personale specializzato e qualificato. In genere il foro viene eseguito orizzontalmente e  sempre unicamente con l’ago (la pistola come sempre nei piercing va esclusivamente e tassativamente bandita).


Procedura di un piercing al capezzolo: 1) il tessuto viene stretto dalle pinze; 2) l'ago ipodermico viene infilato; 3) il gioiello (barbell) viene inserito
Il piercing al capezzolo viene eseguito forando il capezzolo da parte a parte alla base, attraverso un ago, e inserendo in seguito un gioiello apposito, che può essere una barretta (barbell) o un anello (captive bead ring). Il foro può venire praticato orizzontalmente, verticalmente o diagonalmente.


Sul capezzolo è talvolta praticato il percing multiplo (multiple piercing), nel qual caso il più comune è quello detto "a croce", combinando un piercing orizzontale con un piercing verticale o due piercing diagonali (a "X" o croce di Sant'Andrea), nei quali vengono inserite due barrette (barbell). In altri casi viene eseguito un secondo piercing parallelamente al primo, dietro di questo, e viene inserito un secondo gioiello. Molto più raramente possono essere presenti fino anche a quattro fori uno dietro l'altro, combinando un doppio piercing a croce con uno a "X".

Talvolta viene anche praticato stretching del foro, allargandolo attraverso l'inserimento di gioielli di dimensione via via maggiore o attraverso una spirale di spessore variabile, che porta ad un graduale allargamento nel foro. In seguito un foro così allargato permette l'inserimento di un plug, di anelli o barrette di grosso spessore o in taluni casi anche di molteplici anelli.

In entrambi i casi per l'esecuzioni di tali pratiche è indispensabile attendere la completa e definitiva guarigione del piercing.
Può essere comunque effettuato anche verticalmente o in orizzontale. Il gioiello applicato può essere una barra con due sfere, oppure un anello, a seconda dei gusti e delle scelte personali. Il dolore è sopportabile, è abbastanza veloce da fare e se curato nel modo giusto non ci dovrebbero essere problemi successivi.

La guarigione è in genere più veloce per gli uomini, dai 2 ai 4 mesi, mentre può durare di più dai 4 ai 6 mesi per le donne. Le regole per la guarigione sono sempre le stesse: attenzione e pulizia. Evitare in ogni modo di giocare con il gioiello, anche se qualche volta ne avremo la tentazione e cerchiamo di disinfettare qualche volta la ferita. Anche l’abbigliamento è importante ed occorre evitare abiti troppo stretti: per le donne meglio evitare reggiseni e magliette troppo attillati, mentre per gli uomini cerchiamo per un po’ di lasciar perdere le magliette super aderenti che scolpiscono i nostri muscoli.

Ovviamente per evitare problemi la scelta del gioiello per il piercing capezzolo è fondamentale. Evitiamo di risparmiare, perché pochi euro per comprare un gioiello scadente possono provocarci seri problemi successivamente. Usiamo sempre materiale anallergico, come titanio, mentre soprattutto per le donne molto indicato è l’oro, che sicuramente non provoca allergie ed è per questo molto gettonato ed elegante.



I problemi possono sorgere nel caso il piercing venga fatto troppo superficialmente e quindi vi possa essere pericolo di rigetto, oppure possono sorgere delle infezioni simili del tutto ad ogni altro tipo di piercing. Quando sentiamo che possono insorger infezioni, rechiamoci senza indugio dal nostro medico che saprà come consigliarci per guarire il prima possibile senza evitare problematiche successive.

Una ricerca dell’Università del Western Australia, ha voluto sottolineare l’importanza di non trascurare l’indagine sui potenziali effetti che il piercing al capezzolo potrebbe causare, poiché non si può affermare con certezza che la sua realizzazione non influisca sul naturale processo di allattamento del bambino.
Le complicazioni legate alla presenza di piercing (lesioni e irritazioni) su uno o entrambi i capezzoli, possono provocare problemi di attaccamento del piccolo al seno materno e ostruzione di uno o più dotti lattiferi, con conseguente rischio di lattazione impari. Dallo studio australiano si evince che esiste la concreta possibilità, per quelle mamme che hanno o mantengono il piercing al capezzolo, di compromettere la corretta produzione di latte da entrambi i seni, ma ovviamente, non è detto che ciò accada; infatti sono numerosi i casi di mamme esenti da complicazioni, anzi pare addirittura che qualche ginecologo abbia consigliato il piercing, in particolare alle donne con i capezzoli introflessi: si tratta di una condizione solitamente congenita, che interessa circa il 2% delle donne e può interferire con la regolare fase di allattamento al seno. Il piercing aiuterebbe il capezzolo ad estroflettersi naturalmente, eliminando così il problema.
Al di là di qualsiasi retorica meramente limitante a questioni di gusto estetico, la procedura migliore da seguire, in questi casi, è la seguente:
mantenere alta la guardia;
non sottovalutare i potenziali rischi e le infezioni imputate alla presenza dell’anellino metallico in una zona così delicata e preziosa come quella del seno;
consultare un professionista del settore (nel caso non vogliate proprio rinunciarvi);
chiedere consiglio al medico, al vostro ginecologo o alla vostra ginecologa di fiducia e se non vi sembra un sacrificio impossibile, magari rimuoverlo temporaneamente, almeno fino a quando non terminate di allattare il vostro amato pargolo.





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